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Festival di Locarno: Alberto Fasulo d’impegno con il documentario «Genitori»

Il cinema italiano è ancora protagonista a Locarno: dopo l'emozionante «Bella e perduta» di Pietro Marcello, è arrivato il turno di Alberto Fasulo con «Genitori».
Presentato fuori concorso, è un documentario che vuole approfondire e comprendere la realtà di quelle famiglie che hanno un figlio disabile.
Ascoltando un gruppo di genitori, che da diversi anni si riuniscono per discutere e condividere la loro situazione, il regista ha cercato di dare voce alla loro quotidianità, ai loro rimpianti e alle loro preoccupazioni.

La sessualità, il mondo del lavoro, il senso di colpa e l'indipendenza sono soltanto alcuni dei tanti argomenti che emergono durante questi incontri, ripresi dal regista in maniera diretta e neutrale, senza l'utilizzo di trucchetti retorici o aggiunte di alcun tipo.
Dal punto di vista cinematografico, la resa è fin troppo semplice e un po' scolastica, ma colpisce comunque la capacità di trattare tematiche tanto dolorose senza mai calcare la mano con scelte stilistiche ricattatorie o forzate.
Arrivato al suo terzo lungometraggio, dopo «Rumore bianco» e «TIR» (vincitore, quest'ultimo, del Marc'Aurelio d'Oro al Festival di Roma nel 2013), Fasulo si conferma un regista interessante, capace di far riflettere e di utilizzare la cinepresa come fosse un semplice testimone degli eventi narrati.

Nella sezione Piazza Grande, invece, ha trovato spazio «Amnesia» di Barbet Schroeder.
Ambientato a Ibiza negli anni Novanta, il film è incentrato sull'incontro tra Jo, un DJ berlinese di 25 anni, e Martha, una donna che vive da sola davanti al mare da quarant'anni. I due diventano amici, ma col passare dei minuti i misteri che circondano Martha si moltiplicano.
A sette anni di distanza da «Inju, la bête dans l'ombre», Schroeder è tornato dietro la macchina da presa per un giallo sui generis, che gioca con lo spettatore e con le sue aspettative.

Efficace la contrapposizione tra Ibiza, luogo spensierato e di divertimenti sfrenati, e la drammatica memoria storica affrontata, che riporterà perfino agli orrori nazisti.
Schroeder sa come scavare nella psiche dei suoi personaggi, ma gira un po' troppo a vuoto e non riesce a portare a compimento le diverse riflessioni proposte nel corso della pellicola.
Gli spunti non mancano, soprattutto nelle prime battute, ma resta un lungometraggio irrisolto e altalenante.
Il cast, in ogni caso, è in buona forma: ottimi Marthe Keller e Bruno Ganz.

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