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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2012 alle ore 07:00.

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Come sta la finanza in Veneto? La sortita di Palladio su FonSai ha riacceso i riflettori su un sub-sistema in cui resistono caratteri bifronti, un po' forza, un po' limite. L'accumulo di capitali finanziari - frutto di un boom industriale lungo, anche se ora in parte superato - resta importante e diffuso presso centinaia, migliaia di famiglie. E Palladio - non diversamente da 21 Investimenti, germinata dalla famiglia Benetton - appare una rilevante proiezione simbolica di un mondo capace di relazioni di primo livello e di iniziative che meritano le prime pagine delle cronache finanziarie. Cosa che continua a valere, ad esempio, anche per la Finint di Conegliano, pilotata da Enrico Marchi e Sergio De Vido. D'altro canto, anche in una realtà come la finanziaria vicentina di Roberto Meneguzzo è ancora palpabile il bancocentrismo tradizionale della finanza veneta: Banco Popolare e Veneto Banca nell'azionariato, la Popolare di Vicenza alla finestra. E questo sistema bancario è più che mai lo specchio di quello nazionale alla ricerca faticosa di un'exit dalla crisi.

È sulle sue gambe il Banco Popolare, che - sotto la presidenza di Carlo Fratta Pasini - ha saputo ricapitalizzarsi presso il suo azionariato, assorbendo le ripercussioni della crisi di Italease. L'ammministratore delegato Pier Francesco Saviotti, intanto, ha tenuto ferma la barra sulla rotta di efficienza e redditività, cercando riserve di valore nella ristrutturazione del gruppo dopo l'incorporazione della Banca Popolare Italiana. Rimangono radicate sui loro mercati Vicenza e Veneto Banca (vedi altri articoli in pagina), ambedue con direttrici proprie di sviluppo anche fuori dai loro territori d'elezione. Tiene le sue posizioni il network delle 38 banche di credito cooperativo.

Nel frattempo le grandi Fondazioni(la CariVerona di Paolo Biasi, la Cariparo di Antonio Finotti, la Cassamarca di Dino De Poli) hanno fatto fronte alle esigenze di ripatrimonializzazione dei grandi campioni nazionali (UniCredit e Intesa Sanpaolo), sollecitate anche da Eba e Bankitalia: in questo hanno sostenuto le reti locali (Intesa controlla l'unità territoriale Casse venete) in un momento in cui cresce la difficoltà a erogare credito al sistema delle imprese. Una situazione - quella delle banche maggiori - che interessa ovviamente anche AntonVeneta, oggi inserita nel gruppo Montepaschi.

La 'battaglia del credit crunch' è sicuramente il fronte su cui il sistema bancario veneto è chiamato a mostrare le sue peculiarità a sostegno delle aziende: ma non è sicuramente un unicum sullo scacchiere nazionale. Più connotato in termini locali è probabilmente lo spegnimento graduale di un altro focolaio di crisi sul crinale credito-impresa: quello innescato dalla vendita di prodotti derivati. I forti problemi creati fin dall'inizio del decennio precedente - non solo al sistema produttivo ma anche agli enti locali - non sono ancora stati sanati. Ma sul versante delle imprese gli sforzi promossi con più decisione dal sistema bancario hanno via via favorito accordi tecnico-economici che evitassero duri confronti legali e guardassero alla superamento sostanziale dei guai nati da un'eccessiva fiducia nella finanza strutturata.

La faticosa ricerca di un new normal - nel Veneto come in numerose altre aree di Eurolandia colpite in via prolungata da crisi finanziaria e recessione - pone comunque sfide nuove. É assai probabile che la pressione sugli equilibri proprietari delle imprese familiari continui e si accentui. E per una famiglia Benetton che decide di togliere dal listino la sua storica capogruppo, vi saranno sempre operatori di private equity pronti a individuare aziende 'a valore' da coinvolgere nelle ristrutturazioni inevitabili in fase di turbolenza. Di più: l'accelerazione dell'austerity finanziaria non potrà non investire anche i bilanci locali, spingendo a privatizzazioni e razionalizzazioni.

Nel portafoglio-asset di comuni e province veneti ci sono ancora partecipazioni rilevanti in numerosi settori: infrastrutture e utility di diverso livello generazionale. Un sistema finanziario evoluto - con una maggiore soggettività 'glocale' - non potrà non mettersi nuovamente alla prova con i propri capitali e le proprie competenze su operazioni come la privatizzazione dell'aeroporto di Venezia: ma non più solamente con nomi di profilo nazionale come Finint e Benetton. Alcuni segnali sono già all'orizzonte: a Padova Aps Holding e Sita (Fs) stanno negoziando un'alleanza. A Verona è lontano dall'essere completato il turnaround di Infracom, il gestore della rete tlc di nuova generazione scorporato dall'Autostrada Serenissima, ancora parzialmente sotto il controllo di istituzioni pubbliche locali. Un piano di riassetto è appena stato varato, ma per ora è solo un sostanziale «pre-concordato» con le grandi banche creditrici. Un altro possibile test per una nuova «finanza d'impresa» in Veneto.

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