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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2012 alle ore 07:00.

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Luca ZaiaLuca Zaia

Si dice «preoccupato» per gli effetti che la crisi sta avendo su «una regione non abituata a questo genere di difficoltà». Ma Luca Zaia, governatore del Veneto, ha chiara la ricetta per uscirne.

Come la crisi economica sta trasformando il Veneto?
Abbiamo perso altri 80mila posti di lavoro. Il fatto è che le imprese venete devono fronteggiare tre generi di concorrenza: quella globale, data dal mercato asiatico e dai suoi prodotti a basso costo, quella delle regioni europee limitrofe, che possono godere di sussidi e politiche federali che al Veneto sono ancora negate, e, ahimè, quella dello Stato centrale, che invece di devolvere fondi e competenze, sta cercando di assorbire la liquidità accantonata dagli enti locali con il Patto di stabilità. Una decisione contro la quale lotteremo con tutti gli strumenti a nostra disposizione.

Quali aspetti la preoccupano, quali invece le sembrano incoraggianti?
Il 2012 si presenta come un anno di serrato confronto istituzionale, nel quale noi amministratori saremo chiamati a sostenere i nostri comparti produttivi per superare la prevista recessione, le tasse eccessive e la concorrenza sleale. Non sarà un anno facile, ma ad incoraggiarmi è la consapevolezza che il Veneto ha un tessuto produttivo forte, con segnali positivi in diversi comparti, dal manifatturiero all'agricoltura e al turismo, che quest'anno è addirittura volato.

Il Veneto riparte anche dallo Statuto, che riserva molta attenzione alle imprese e all'economia: quale contributo potrà dare allo sviluppo?
Lo Statuto porta con sé una grande assunzione di responsabilità il cui nocciolo è l'autonomia: deve esserci data la possibilità di prevedere politiche specifiche per il territorio e di avere le sostanze e la potestà necessarie a portarle avanti.

Nei giorni scorsi il Consiglio regionale ha convocato gli Stati generali dell'economia: con quali esiti?
Il primo passo sarà, entro un mese, 'un decreto' per lo sviluppo del Veneto ora in discussione tra tutte le parti portatrici di interessi. Un esempio del modo in cui il nostro territorio sa fare squadra, ma anche un segno di come sia pronto ad assorbire i suggerimenti dei modelli più avanzati in Europa. Ovvero i modelli tedesco e francese che, nelle relazioni industriali, si stanno fondamentalmente decentralizzando, orientandosi sulla via delle concertazioni aziendali e dei contratti locali.

Il confronto fra il Veneto e gli altri non è sempre positivo
Il costo della vita qui è più alto del 17% rispetto al resto del Paese, il potere d'acquisto dei nostri dipendenti è minore di un quinto a parità di stipendio: uno scandalo al quale solo i contratti territoriali possono porre rimedio. Un'altra faccia di quel federalismo a 360 gradi del quale in Veneto si avverte la necessità in tutti i campi della vita civile ed economica.

Sempre lo Statuto aggiorna e rivede il ruolo dell'agricoltura: qual è il ruolo del settore primario nell'economia della regione?
Deve essere chiaro che è un settore strategico per qualsiasi territorio. Proprio in Europa inizia la difesa dei nostri agricoltori, vigilando sulla nuova Politica agricola comunitaria. I segnali che ci arrivano non sono incoraggianti: alcune voci sembrano fatte apposta per avvantaggiare gli agricoltori d'oltralpe e le loro brughiere incolte, e danneggiare i nostri contadini che, invece, mettono a frutto ogni pollice di terra fertile. Per il resto, l'esperienza ci dimostra che la difesa e la promozione dei prodotti tipici, nonché la certificazione dell'origine rappresentano la strada giusta.

Il nuovo governo sta incidendo in molti settori, spesso entrando in contrasto con le norme regionali come è avvenuto con le aperture domenicali. Che cosa si aspetta, per il futuro, fra scontri e collaborazioni?
Mi aspetto una discussione senza sconti da parte nostra. Stiamo per presentare una piattaforma negoziale sul federalismo con lo Stato centrale per ottenere le forme di autonomia che ora non abbiamo. Ci confronteremo, perciò, con estremo rispetto e correttezza istituzionale nei confronti del Governo, ma anche con testardaggine: vogliamo autonomia per il Veneto.

Un'ultima battuta sul federalismo. A che punto è? Quali passaggi si attende?
Non si può dire che i primi segnali siano incoraggianti. Direi, anzi, che il percorso del federalismo si è fermato. Mi auguro di trovare nel Governo una sponda pronta al dialogo. Da parte mia sono disposto a comprendere la difficoltà del momento e la necessità di mediazione e gradualità. Purché, dall'altra parte, si riconosca apertamente che il federalismo per il Veneto non è più una scelta ma una necessità storica, e che la road map della sua attuazione non può essere ulteriormente procrastinata.

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