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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2012 alle ore 07:00.

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È la più classica delle baruffe chiozzotte quella che va in scena dal 2010 a Palazzo Ferro-Fini, sontuosa sede sul Canal grande della Regione. Il Veneto guidato del grande comunicatore Luca Zaia è sotto il fuoco incrociato della sua stessa maggioranza, uno scontro che, a scanso di equivoci, precede l'avvento del governo centrale di Mario Monti e risale all'ultimo scorcio di legislatura guidata da Giancarlo Galan, per ben tre mandati governatore del Veneto.

Qualcuno attribuisce i dispetti tra Pdl e Lega al complesso di subalternità covato dai seguaci di Umberto Bossi nei tre lustri in cui furono confinati al ruolo di eterni secondi. Con l'elezione di Zaia al vertice, che già era stato vice di Galan, si sono sbriciolate anche le apparenze. Le alleanze sono convivenze forzate nelle quali, dicono i saggi, bisogna masticare amaro e sputare dolce. A Palazzo Ferro-Fini si sputa amaro e non pochi esponenti del Pd, quindi dell'opposizione, sostengono senza perifrasi che capita sempre più frequentemente di trovarsi in sintonia con il Pdl. Sembra la riproduzione dello schema parlamentare, ma in Veneto il feeling tra Pdl e Pd non solo è antecedente ma si nutre di una insofferenza palese nei confronti dei leghisti. Le imboscate sono praticamente quotidiane: il Pdl ha bocciato una serie di proposte che portavano la firma della Lega: dalla riforma di Veneto Agricoltura (una delle 19 partecipate della Regione); all'assetto della Protezione civile, passando per i canoni urbani e i consorzi di bonifica.

La Lega, da par suo, ha cassato l'istituzione di Veneto Film commission voluta con tutte le forze dal vicepresidente della Giunta e vice coordinatore del Pdl Marino Zorzato. «In realtà si tratta del duplicato di Veneto production center, rimasto nei cassetti per mancanza di finanziamenti» ha ricordato maliziosamente il capogruppo della Lega Federico Caner. Il Pdl non poteva rimanere inerme. E ha fatto sapere che non sosterrà l'istituzione del «Centro di restauro e valorizzazione della Regione Veneto», una creatura voluta dal Governatore Zaia e clonata da quella piemontese. Come nelle baruffe degne di questo nome, tutti i protagonisti dei litigi si sgolano affermando che meglio di così non potrebbe andare. Dal numero uno Zaia, costretto a sputare dolce per doveri d'ufficio, al numero due Zorzato che attribuisce «quello che è accaduto in commissione all'idealità, storie e percorsi diversi» dei due partiti. L'idealità sarà di sicuro messa alla prova entro la prima metà di marzo, quando la maggioranza dovrà approvare la legge finanziaria sanando, allo stesso tempo, il secondo anno di esercizio provvisorio del bilancio. Se il buongiorno si vede dal bilancio...

È inevitabile che le cinque manovre del governo centrale che si sono succedute tra il 2011 e il 2012 abbiano depauperato le casse di questa come di altre Regioni. Come se non bastasse, i trasferimenti da Roma per la sanità arrivano con due o tre anni di ritardo. E l'assessore leghista al Bilancio, il leghista Roberto Ciambetti, impreca contro il patto di stabilità: «Abbiamo 1,5 miliardi in cassa che non possiamo spendere». Problema reale che si somma agli sprechi e alle inevitabile inefficienze che si sono stratificate nel corso degli anni: una su tutti l'Avepa, l'Agenzia per i pagamenti in agricoltura, 450 dipendenti sui 61 previsti che assorbono la metà delle risorse da destinare agli agricoltori. Se la guerra fratricida tra Pdl e Lega impedisce di disboscare e razionalizzare («ormai la Regione legifera grazie al nostro senso di responsabilità», dice la capogruppo del Pd Laura Puppato), allora il solito Zorzato tira fuori dal cilindro la vendita o dismissione di 46 immobili di proprietà della Regione, dai quali si dovrebbero ricavare almeno 200 milioni. «Non si tratta della vendita dei gioielli di famiglia» mette subito le mani avanti l'assessore.

A leggere l'elenco degli immobili, qualche dubbio sorge spontaneo. Chi si sarebbe mai aspettato che la Regione possedesse un campo da golf di 18 buche con annesso club house in quel paradiso che è il bosco del Cansiglio, la riserva di legno della Serenissima e il rifugio agostano del presidente della Repubblica Francesco Cossiga. I tre fabbricati e i terreni sono affidati a Veneto Agricoltura che li ha dati in concessione. La scheda che accompagna la fotografia del golf club è laconica: «La dismissione e alienazione potrebbe risultare estremamente difficile: da molti anni i gestori degli stessi incontrano notevoli difficoltà economiche a causa del turismo strettamente limitato nel tempo e legato ai soli residenti delle zone limitrofe». Non sono pochi i consiglieri regionali che invocano la trasformazione di questo delicatissimo ecosistema in parco regionale. Ma la Regione nicchia, anzi vende in blocco, così come cede un albergo a Dorsoduro, la locanda Ca'Foscari, che secondo la scheda della Regione risulta in affitto ma «senza formale contratto di locazione». Quanto meno un'ammissione di negligenza, che i burocrati mettono nero su bianco come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Resta top secret l'importo dell'affitto dell'altro hotel di proprietà - a loro insaputa - dei veneti, il Bella Venezia, che sorge nel cuore dell'area marciana, valore stimato in 11 milioni. Innumerevoli gli stabili di prestigio inagibili, da ristrutturare o ceduti in comodato all'università di Ca' Foscari. L'opposizione contrattacca: «Secondo noi dei 46 immobili se ne possono vendere al massimo mezza dozzina scarsa, quelli che non hanno alcuno valore storico, culturale e monumentale. Su tutti gli altri, siamo pronti a dare battaglia pur di impedirne la vendita». I politici veneti forse non lo sanno, ma con le loro distrazioni hanno contraddetto persino John Ruskin, il poeta e critico d'arte inglese autore de «Le pietre di Venezia», pubblicato nel 1853. Ruskin era convinto - evidentemente a torto - che prima o poi gli uomini si sarebbero arresi al potere taumaturgico dell'estetica:«Il mondo non può diventare tutto un'officina: quando si andrà imparando l'arte della vita, si troverà alla fine che tutte le cose belle sono anche necessarie».

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