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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2014 alle ore 12:57.
L'ultima modifica è del 17 gennaio 2014 alle ore 14:09.

Banchieri centrali e non, economisti e uomini di governo aspettano il 21 gennaio, quando il Fondo monetario internazionale aggiornerà il World Economic Outlook. C'è ottimismo. Molti confidano in scenari di conferma della crescita nella zona euro. Se la fiducia sembra riaffacciarsi, le condizioni reali delle economie e di quella italiana in particolare non offrono altrettanta serenità. Perché si fa tanta fatica? Che fardelli si porta appresso la lunga crisi datata 2008? La finanza, il sistema bancario e i banchieri restano sempre sotto tiro e guardati con sospetto.

L'ultimo saggio di Federico Rampini, corrispondente di Repubblica da New York, è esplicito fin dal titolo: "Banchieri. Storie dal nuovo banditismo globale" (Mondadori, pagg. 166, euro 16,50). Da Manhattan, cioè nel cuore del capitalismo globale, osserva i centri di potere economico in grado di prendere decisioni che avranno conseguenze a migliaia di chilometri di distanza e sul futuro di intere generazioni. Vive in diretta l'evolversi del dopo 2008 maturando sempre di più la convinzione che "il sistema economico che abbiamo ereditato ci sta rubando il futuro, sta logorando gli ultimi dei nostri sogni: per noi, per i nostri figli. Ma nelle nostre strategie di resistenza quotidiana, nelle pieghe della nostra vita, stanno germinando le idee che ci salveranno". La sua è una dettagliata rassegna di fatti, uomini, risposte di governi, divisioni europee. In particolare l'attenzione si concentra sui banchieri di oggi responsabili di scelte dissennate: la nostra crisi è una Pearl Harbor che sprofonda l'Occidente in una situazione senza paragoni negli ultimi settant'anni.
Se Rampini racconta gli episodi e l'evolversi di situazioni complesse, compiendo una ricostruzione scrupolosa per poi indicare nella "resilienza", suggerita da Obama, la strada per rialzare la testa (ovvero la capacità di resistere agli shock e di ripartire scommettendo su istruzione, formazione e ricerca), il sociologo Luciano Gallino mette sotto accusa Bce, Fed, Banca d'Inghilterra, Fondi speculativi e Fondi sovrani. Insomma, tutto il sistema politico-finanziario. Il suo libro, "Il colpo di stato di banche e governi" (Einaudi, pagg. 346, euro19), vuole documentare come la crisi sia un attacco alla democrazia in Europa.

Addirittura parla di "colpo di stato" per descrivere gli effetti delle politiche di austerità, moltiplicatesi dopo il 2010, che hanno tagliato la spesa sociale, peggiorato le condizioni di lavoro, ridotto fondi e personale in settori essenziali come l'istruzione, la sanità, i servizi pubblici. I governi avrebbero abdicato in favore della finanza "delegando poteri fondamentali attinenti alla sovranità costituzionale dello Stato". Gallino elenca scelte, decisioni, provvedimenti presi dall'Europa e dall'Italia rimandando a una ampia bibliografia di testi, di documenti, di articoli usciti in tutta Europa. Il suo non è un pamphlet, ma un lavoro di scavo che mira a difendere le conquiste del Welfare state al di là delle sue derive. La crisi scaricata sui cittadini viene analizzata in tre ampie sezioni: origini con riferimenti a Usa e Ue (dove si approfondisce il ruolo delle banche europee e si parla di finanza ombra); trasformazione della crisi e colpo di stato (dove si approfondisce lo smantellamento dello stato sociale); e, da ultimo, la ricerca di politiche anti-crisi.

Quest'ultima parte contiene una sorta di memorandum ad uso di tutti ma in particolare della classe dirigente e di quella politica. Che fare? Innanzitutto riportare il sistema europeo dell'alta finanza al servizio dell'economia reale attraverso le riforme in discussione nella Ue, nel Regno Unito e in altri paesi ed esercitando una maggiore sorveglianza (in tre lunghi paragrafi entra nei dettagli e seleziona le proposte migliori). In secondo luogo, ma non meno cruciale e urgente, la creazione di occupazione mentre il lavoro scompare. La Ue, dice il sociologo torinese, dovrebbe assumersi come fine la piena occupazione. Perché è l'occupazione il motore dello sviluppo. Dal vecchio New Deal, Gallino trae alcune lezioni di job creation che anche un governo non di sinistra può realizzare. E' un invito al ritorno dell'intraprendenza della migliore politica capace di lungimiranza, di autonomia e di decisioni in nome dell'esercizio della democrazia. Ma è anche una sollecitazione a riscattarsi facendo tesoro del lungimirante Luciano Gallino, "Il colpo di stato di banche e governi", Einaudi, Torino 2013, pagg. 346, euro19,00
Federico Rampini, "Banchieri", Mondadori, Milano 2013, pagg. 166, euro 16,50
avvertimento di Hans Tietmeyer, a lungo presidente della Bundesbank, che in un Forum di Davos del 1996 disse: "A volte ho l'impressione che la maggior parte dei politici non abbia ancora capito quanto essi siano già oggi sotto il controllo dei mercati finanziari e siano persino dominati da questi".

Luciano Gallino, "Il colpo di stato di banche e governi", Einaudi, Torino 2013, pagg. 346, euro19,00
Federico Rampini, "Banchieri", Mondadori, Milano 2013, pagg. 166, euro 16,50

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