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Finanza e Mercati In primo piano

Commissione Ue con Berlino sullo stop allo short selling. Europa pesante, Wall Street giù

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2010 alle ore 10:29.
L'ultima modifica è del 20 maggio 2010 alle ore 10:46.

Il presidente della Commissione europea Manuel Barroso si è dichiarato d'accordo questo pomeriggio a Madrid sulla necessità di frenare le vendite allo scoperto dopo la decisione presa da Berlino di vietarle per bond e titoli. «Siamo d'accordo con la Germania sulla necessità di frenare l'utilizzo abusivo di vendite allo scoperto», ha affermato il presidente della commissione Ue in una conferenza stampa a margine del vertice Ue-America Centrale.

«La Commissione invita oggi il Comitato europeo dei regolatori a valutare rapidamente se le condizioni che hanno condotto le autorità tedesche a questa conclusione si presentino in altre parti d'Europa», ha affermato Barroso. Il presidente della commissione vuole spingere l'acceleratore sul coordinamento europeo dell'azione per contrastare la volatilità dei mercati: «Delle azioni adottate da altre autorità nazionali coordinate a livello europeo rafforzerebbero le azioni di ogni paese e aggiungerebbero valore e peso al messaggio trasmesso ai mercati».

Intanto si è registrata un'altra giornata difficile per le Borse europee, con gli indici europei che hanno tentato il recupero, ma non hanno potuto evitare un altro forte ribasso dopo la decisione di Berlino di vietare le vendite allo scoperto su alcuni istuituti finanziari tedeschi oltre che su alcuni prodotti finanziari. Nella lista figurano Aareal Bank, Allianz, Commerzbank, Deutsche Bank, Deutsche Boerse, Deutsche Postbank, Generali Deutschland Holding, Hannover Rueck, Mlp e Muenchener Rueck.

In più la BaFin, la Consob tedesca, ha fatto divieto di vendite allo scoperto «nude», cioè senza nemmeno avere il titolo in prestito, di tutte le emissioni governative Ue denominate in euro e trattate in Germania. Il divieto comprende anche le vendite allo scoperto dei Cds sui bond governativi Ue, che sono scambiati senza però essere più "legati" all'obbligazione stessa.

La mossa, ed era abbastanza facile prevederlo, ha mandato in tilt i mercati. Il fatto di non essere stata coordinata, né essere stata introdotta con il debito preavviso ha creato sfiducia. Tra le sale operative si è diffussa la sensazione che Berlino sappia qualcosa che non vuole dire. Magari su un possibile fallimento di una qualche banca tedesca. Una sfiducia, che non è stata certo «mitigata» dalle incoraggianti parole della cancelliera Angela Merkel: «L'euro è in pericolo - ha detto - e se la valuta unica dovesse fallire, allora fallisce anche l'Europa».

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Sui mercati azionari, come detto la reazione, è stata negativa. I listini europei chiudono le contrattazioni in forte calo: Parigi perde il 2,92%, Francoforte il 2,72% e Londra il 2,74 per cento. Bruciati 144 miliardi di euro in capitalizzazione. La peggiore è stata Piazza Affari il Ftse All Share cede il 3,10% mentre il Ftse Mib perde il 3,45 per cento. Vendite a piene mani sui bancari e in particolare su Unicredit (-5,98% a 1,76 euro), seguita da Intesa Sanpaolo (-4,77% a a 2,14 euro). Male anche Mediobanca (-3,24% a 5,97 euro), Ubi Banca (-2,75% a 7,61 euro), Mps (-2,69% a 0,88 euro) e gli assicurativi FonSai (-3,63% a 8,36 euro), Generali (-3,61% a 14,6 euro), Unipol (-3,12% a 0,69 euro). Colpita anche la società di gestione Azimut (-5,28% a 7,17 euro).

Il greggio sotto i 70 dollari indebolisce i petroliferi Saipem (-5,87% a 25,6 euro) ed Eni (-2,9% a 15,7 euro). Nel listino principale il panic selling non risparmia Fiat (-2,92% a 8,63 euro) con Exor (-3,44% a 12,9 euro) e Telecom (-2,75% a 0,99 euro). Tra i peggiori Geox (-5,77% a 3,92 euro) dopo che la società ha precisato che nel primo semestre avrà un calo del fatturato in linea con quello del primo trimestre, ossia una contrazione del 13%.

In rosso anche Wall Street che, dopo un avvio in calo, aveva bruciato le perdite. Un recupero spinto dai rumors su un possibile intervento della Banca Europea a sostegno dell'euro. La moneta unica è risalita dai minimi spingendo gli indici americani: ma si è trattato di una spinta solo passeggera, visto che i listini americani sono tornati poco dopo in rosso. Al termine il Dow Jones ha perso lo 0,64% a 10.444,14 punti, il Nasdaq ha ceduto lo 0,82% a 2.298,37 punti mentre lo S&P 500 è arretrato dello 0,53% a 1.114,89 punti.

Fra i singoli titoli è avanzato Hewlett-Packard, +0,44%, dopo una trimestrale sopra le attese con utili nel secondo trimestre in progresso del 28%. A condizionare la seduta anche i dati congiunturali americani: i prezzi al consumo, per la prima volta in 13 mesi, sono scesi, accusando a livello mensile una flessione dello 0,1% a causa della caduta dei prezzi dell'energia.

Insomma, se l'intento della Germania era quello di stabilizzare i mercati, i risultati lasciano perlomeno a desiderare. Di sicuro Berlino è riuscita a suscitare allarmi, soprattutto inizialmente visto che si tratta di una misura che ricorda le manovre estreme adottate dalle autorità nella fase di crolli innescata dal crack di Lehman Brothers, nel 2008. Tra ieri sera e stamattina questa mossa era stata seguita anche da una nuova caduta dell'euro, sotto 1,22 dollari ancora ai minimi da quattro anni. Complici anche alcuni dati Usa - dove l'inflazione torna a indebolirsi lasciando margini alla Fed per tenere i tassi di interesse bassi - nel pomeriggio l'euro cerca una stabilizzazione attorno a 1,23 dollari in una situazione di perdurante volatilità.

Peraltro proprio in Germania c'è anche chi è tutt'altro che preoccupato dal deprezzamento dell'euro: i grandi esportatori. Basti tener presente che due anni fa, quando la divisa unica aveva raggiunto invece un picco massimo a 1,6038 dollari, un'auto tedesca da 50.000 euro negli Stati Uniti costava 80.000 dollari: oggi la stessa cifra risulta «scontata» a 60.000 dollari grazie ai cambi. Di positivo oggi anche il fatto che la Grecia ha regolarmente onorato 9 miliardi di titoli di Stato in scadenza, grazie ai primi aiuti ricevuti proprio ieri dall'Ue, 14,5 miliardi di euro che si sono aggiunti a una prima tranche di aiuti, altri 5 miliardi ricevuti in precedenza dall'Fmi.

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