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Finanza e Mercati In primo piano

Investimenti anti-crisi. Le strategie dei guru di Wall Street Marc Faber e Jim Rogers

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2010 alle ore 09:41.

I mercati azionari? «Ora come ora i listini Usa sono un'attività per trader che amano l'alto rischio e operano nel breve, con uso di stretti stop loss». Marc Faber, come suo costume, non fa giri di parole e va al sodo. Mai troppo ottimista sull'azionario, negli ultimi anni "innamorato" delle commodity - in particolare dell'oro - invita a non scottarsi con l'equity. Un'impostazione che, nelle linee generali, è condivisa da un altro "grande" degli investimenti, Jim Rogers. Raggiunto al telefono in quel di Hong Kong dice lapidariamente: «Io adesso sono short sull'equity e buy sulle commodity agricole».

La parola a Mark Faber
«Nel brevissimo periodo -dice il guru- le Borse Usa (ma il discorso può essere generalizzato, ndr) sono in una situazione di ipervenduto». Ma se l'orizzonte dell'analisi si amplia, l'"oversold" «non è più confermato. Nella situazione attuale fare previsioni è comunque difficile».

Tra breve e lungo periodo
In linea di massima, ipotizzare anche un rimbalzo non è fanta-finanza. Lo stesso Faber ammette che: «L'S&P500, a fine luglio, potrebbe essere sopra al massimo di fine aprile a quota 1219». Ma è solo un'ipotesi che può non verificarsi. Anche in condizioni di ipervenduto il crash dei listini è dietro l'angolo. Un esempio? Niente di più facile. «Mi viene in mente l'autunno del 1987. In quel periodo - dice Faber- ero short sul mercato che, contrariamente alle mie previsioni, continuava a salire. Non una situazione di cui essere felici!». Ma poi il vento ha girato: «Nella giornata di venerdì 16 ottobre i mercati sono crollati; un tonfo del 20 per cento». In una sola seduta si creò una situazione di ipervenduto. C'erano le condizioni per pensare ad un rimbalzo. Sbagliato! «Il lunedì successivo - spiega l'autore di Gloom Boom Doom report- il Dow Jones sprofondò nuovamente di un altro 21 per cento». Insomma, la dimostrazione lampante che la rimonta dei listini era una pia illusione.

Illusione che non sembra avere quartiere nell'attuale lungo periodo dove, peraltro, giocano diversi fattori. «Da un lato - ricorda Faber - messo alle spalle maggio, di solito un mese "debole" per la Borsa, la statistica dice che giugno e luglio sono positivi per l'S&P. Dall'altro, però, nel 2010 ci sono le elezioni del mid-term cui, normalmente, corrisponde tra ottobre e novembre un calo dei listini. A tutto ciò deve, inoltre, aggiungersi una ripresa economica americana non così forte come molti sostengono».

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La difficoltà dell'economia a stelle e strisce
«In aprile - spiega il vecchio guru - le entrate fiscali negli Usa sono scese del 7,9% rispetto all'anno precedente, facendo balzare il deficit federale alla cifra record di 82,7 miliardi». Di più: dall'inizio della crisi, «la quota del reddito pro-capite delle famiglie americane composta dagli assegni del governo, peraltro fiscalmente esenti, è salita al 17,9 per cento. Mentre quella"rappresentata" dagli stipendi pagati dal settore privato è scesa al 41,9 per cento». Il trend non è da sottovalutare, perché più aumenta «la quota di reddito costituita dai trasferimenti e meno l'economia è dinamica», commenta l'ultraliberista Faber. Che fa intendere come una simile situazione giocoforza influenzi le Borse. E non in maniera positiva.

Dove vanno le Borse
E quindi?«Penso che - spiega Faber- in autunno l'S&P500 possa trovarsi tra il 20 è il 30% al di sotto dei massimi di fine aprile scorso. Se ci sarà un nuovo top a fine luglio, allora la perdita sarà del 30 per cento. Si tratta di una Borsa solo per trader esperti che dovrebbero guardare ai titoli finanziari, minerari e industriali e operare su mercati emergenti quali il Brasile, l'Australia e Hong Kong». Insomma Faber non individua nell'equity una strada da seguire: l'opzione migliore al momento è «il graduale accumulo di oro».

Quando l'opzione è d'oro
E qui, ovviamente, salta fuori la domanda che non può mancare: ma a questi prezzi, il prezioso lingotto giallo non è già troppo caro? Faber formula una risposta articolata. In primis, ricorda che l'offerta di moneta è di recente crollata, «tanto che questo assicurerà ulteriori stimoli fiscali e misure di quantitative easing: in uno scenario di ulteriore "monetizzazione" (dell'economia, ndr) l'oro potrà fare meglio delle azioni»; inoltre, il prezzo del metallo giallo «dal 1999 è cresciuto meno rispetto agli anni '70, quando le sue quotazioni aumentarono di oltre 20 volte»; infine, secondo Faber «perché possa parlarsi di una bolla è necessario che l'oro sia inflazionato nel suo possesso». Cioè, tutti ne detengano una certa quantità, tutti ne parlino, ne discutano, ne conoscano le quotazioni; sussista quella «mania» che, per esempio, ha caratterizzato l'internet bubble.

Non c'è la mania per il metallo giallo...
Di tutto questo - secondo Faber -non c'è traccia. «Durante i tanti seminari e conferenze d'investimento cui partecipo chiedo sempre quanti siano quelli che possiedono dell'oro: ebbene, è sempre una sparuta minoranza. A mio modo di vedere non c'è una bolla sul lingotto. Il che non vuole dire che le sue quotazioni non possano scendere: ma se questo accadrà si tratterà per cause diverse dallo scoppio di una "bubble"».

...ma la liquidità amplifica i movimenti
Su questo fronte, anche se Faber non lo dice, rileva molto quella liquidità che cerca o un porto sicuro o un ritorno dell'investimento. La domanda di metallo giallo come asset finanziario (l'investment demand), e non come oggetto da usare, ha l'effetto di amplificare (all'insù e all'ingiù) i movimenti dei fondamentali. Con tutti i rischi annessi e connessi.

La parola a Jim Rogers
Rischi annessi e connessi che Jim Rogers vede sull'azionario: «Io sono short sui listini -dice al telefono al sole24ore.com- e long sulle commodity. Credo che, nel lungo periodo, queste si avvantaggeranno di più delle ripresa economica. In particolare, in questo momento, guardo alle commodity agricole». Rogers, con suo fare al solito un po' "sprezzante" verso l'umile cronista finanziaro che poco capisce di investimenti, non dà indicazioni su quali materie prime si devono privilegiare; né la diversificazione, normale strategia per ridurre il rischio, è da tenere in considerazione: «Chi investe in questi settori deve conoscere a fondo i beni su cui mette i propri soldi. Altrimenti è meglio non lo faccia». Nemmeno guardare ad un Etf, mr Rogers? E qui il guru una piccola concessione la fa: «Le "azioni fondo" di solito performano meglio il 70-80% delle gestione attive, anno su anno». Rogers dixit.

(L'articolo non costituisce sollecitazione all'investimento o al pubblico risparmio)

Vittorio Carlini

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