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Finanza e Mercati In primo piano

Girati ai collocatori 1,4 miliardi

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2010 alle ore 17:54.
L'ultima modifica è del 09 giugno 2010 alle ore 16:36.

Non è possibile tagliare il cordone ombelicale tra gestori e distributori di fondi comuni. Un legame che gli stessi operatori del settore, nei diversi tavoli di lavoro coordinati dalle authority, hanno continuato negli ultimi anni a definire vitale per l'industria del risparmio gestito, pur identificandolo come punto cruciale su cui lavorare per risollevare le sorti del sistema fondi in Italia.

In attesa di soluzioni concrete (il progetto di quotazione dei fondi è ormai archiviato, mentre si continua a discutere di standardizzazione delle procedure di comunicazione tra i vari soggetti coinvolti), come un cane che si morde la coda, i gestori sono "costretti" a dover riconoscere ai collocatori una quota importante dei loro ricavi: dei circa 2 miliardi di euro incassati alla voce commissione di gestione, le Sgr ne hanno girato oltre 1,4 miliardi ai canali distributivi dei loro prodotti. Tradotto in percentuali: il 71,44%. Un dato in leggera discesa rispetto al 73,15% del 2008. E in presenza di reti di vendita interessate a piazzare alla clientela i prodotti che rendono di più, in termini di commissioni, a chi li colloca, è difficile pensare che si possa giungere a un più significativo taglio dei costi di distribuzione. Un onere quasi mai giustificato dal livello di consulenza, pre e post vendita, offerta al cliente.

Sul podio delle società più munifiche con i collocatori, salgono tre Sgr captive (controllate dalle banche), che in generale, per ordine di scuderia, tendono a retrocedere commissioni più elevate rispetto a quelle indipendenti. Amundi Sgr (ex Caam), nata a inizio mese in seguito all'avvio dell'operatività della joint venture nell'asset management tra Crédit Agricole e Société Générale, arriva a riconoscere in media l'84% delle fee incassate, con punte che sfiorano il 100% sui fondi Amundi Usa e Pacific Equity. Seguono a breve distanza Eurizon Capital del gruppo Intesa Sanpaolo e Carige Am dell'omonimo gruppo bancario genovese, rispettivamente con retrocessioni medie dell'82 e 81 per cento. Su percentuali intorno all'80% viaggiano anche altre Sgr di emanazione assicurativo-bancaria: B.P.Vi. Fondi (Popolare Vicenza), Mc Gestioni (Sara Assicurazioni), Norvega (partnership tra la banca scandinava Nordea e Vegagest Sgr che vede nel suo azionariato diverse entità bancarie italiane, tra cui la Cassa di Risparmio di Ferrara), Fondi Allenza (gruppo Generali), Aletti Gestielle (Banco Popolare) ed Euromobiliare (Credem). Non solo banche, dunque, ma anche entità che puntano sulla forza vendita delle reti di promotori finanziari.

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Tags Correlati: Amundi Sgr | Anasf | Assogestioni | Banco Popolare | Credem | Domenico Siniscalco | Risparmio personale | Sara Assicurazioni | Unicredit

 

Non aver risolto il nodo del rapporto produzione-distribuzione è uno dei principali rammarichi di Marcello Messori, da ieri ex-presidente di Assogestioni. Un fronte che dovrà essere preso di petto anche dal neo presidente dell'associazione dei gestori, Domenico Siniscalco, candidato dai due colossi bancari Unicredit e Intesa Sanpaolo e che dovrà cercare, in prima battuta, di ricucire i rapporti con Anasf e Assoreti: nel 2004, quando Siniscalco era ministro dell'Economia, aveva ostacolato a più riprese la nascita dell'organismo di gestione dell'albo dei promotori, avviato poi nel 2009.
(G.Ur.)