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RISPARMIO GESTITO AL BIVIO 1 / I costi dei fondi fermi all'1,28%

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2010 alle ore 18:18.
L'ultima modifica è del 09 giugno 2010 alle ore 16:42.

I gestori non sentono più il fiato sul collo degli Etf e arrestano il trend di discesa delle provvigioni che prelevano dai fondi comuni di diritto italiano. Nel 2009, secondo la decennale analisi condotta da «Plus24» in collaborazione con Interactive Data Kler's-InvestOnline, gli oneri che gravano sul sistema fondi nel loro complesso sono rimasti stabili sui valori dell'anno precedente, vale a dire all'1,28% del patrimonio. Una percentuale che tradotta in cifre assolute, equivale a circa 2,5 miliardi di euro che, per oltre la metà, finiscono nelle tasche dei collocatori

Il confronto
E nonostante il calo negli ultimi anni, i costi dei fondi restano decisamente più alti di quelli medi di tutti i 448 Etf ed Etc quotati a Piazza Affari. Differenze che nel loro insieme possono apparire limitate (1,28% contro 0,7%), ma solo per un diverso peso che le asset class hanno nelle due tipologie di prodotto. Oltre il 60% del patrimonio dei fondi comuni è ripartito tra i meno costosi fondi obbligazionari e monetari, percentuale che scende al 33% per gli Etf.
Nel dettaglio, invece, le disparità si manifestano in tutta la loro ampiezza: tra i prodotti azionari si passa dal 2,52% medio che si paga per i fondi, allo 0,78% degli Etf di pari categoria. Costi che per i «cloni» obbligazionari e monetari scendono rispettivamente allo 0,38% e 0,2%, rispetto all'1,1% e 0,65% dei corrispettivi fondi comuni. Scarti che con gli attuali livelli dei tassi, possono tradursi in significativi dislivelli anche in termini di performance.
Differenze fisiologiche, si potrebbe anche dire, legittimate però solo da un effettivo valore aggiunto che il gestore dovrebbe offrire al cliente rispetto alla semplice replica di un indice garantita dagli Etf. Usare il condizionale è d'obbligo, vista la più o meno generalizzata gestione passiva che domina il panorama del risparmio gestito italiano, in parte giustificata dall'assillante spinta delle autorità sui gestori per uno stringente e costante confronto con il benchmark. Lo strumento che esplicita il mercato in cui investe ogni singolo fondo, aiuta il sottoscrittore a decifrare ex-ante la rischiosità del prodotto e a valutare ex-post la bontà dell'operato del gestore. Un parametro utilizzato anche come base di riferimento per il calcolo delle commissioni di extra-performance, la voce di costo che ha la finalità di premiare il gestore che riesce a far meglio del mercato in cui investe.

L’articolo continua sotto

RISPARMIO GESTITO AL BIVIO 2 / Etf, ecco come selezionarli

A vedere il numero di strumenti che di mese in mese si aggiungono alla lista dei quotati, quella

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Gratifiche senza memoria
Dopo i magri bonus del 2008 (31 milioni di euro), nel 2009 sono tornati a fare capolino nei rendiconti dei fondi le commissioni di incentivo (271 milioni di euro), complice la ripresa dei mercati. Peccato però che nessun fondo azionario, nonostante le performance a doppia cifra dello scorso anno, sia riuscito a recuperare i valori di inizio crisi, con un divario che in media viaggia ancora nell'ordine del 20 per cento. Un deficit biennale che non ha impedito ai gestori azionari di auto-gratificarsi, con vivo disappunto da parte dei sottoscrittori. Sono ancora pochi i fondi che applicano un più equo e più digeribile meccanismo di calcolo della commissione di incentivo che fa scattare il prelievo da parte della Sgr solo quando la quota del fondo raggiunge una valorizzazione superiore a quella più elevata mai raggiunta in precedenza (il cosiddetto high watermark assoluto), imponendo di fatto al gestore di recuperare tutte le perdite pregresse prima di assegnarsi il premio.

Gli eccessi
Nel 2009 non sono stati rari i casi dei fondi che hanno presentato alla clientela un conto salato superiore al 5%, con i casi limite di Obiettivo Nordest Sicav e Agora Selection che sono riusciti a varcare sensibilmente la soglia del 6 per cento. Costi eccessivi che non sempre sono sinonimo di maggiori performance, come emerge dalla tabella. Nell'80% dei casi è vero esattamente il contrario. Un dato che deve far riflette i risparmiatori, i quali in ambito finanziario trascurano quasi sempre la sana abitudine di valutare il prezzo della merce offerta.