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Spazio alle Tigri in portafoglio

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2010 alle ore 18:15.
L'ultima modifica è del 09 giugno 2010 alle ore 16:48.

Le maggiori economie emergenti stanno trainando da più tempo e con più convinzione la ripresa globale, come si vede nel grafico che indica – per le principali aree geografiche – il numero dei mesi che nell'ultimo anno hanno visto gli indici sulla propensione all'acquisto delle aziende superiori a 50. Un dato che significa sviluppo dell'economia, perché se la maggioranza dei manager aziendali ricostituiscono le scorte industriali vuol dire che hanno una visione positiva sul futuro del loro business.
«Le economie emerging – spiega Keith Wade, chief economist di Schroders – stanno vivendo una forte ripresa a "V", con l'output che spesso oggi è già al di sopra di quanto era prima della crisi, mentre in Occidente il recupero è perlopiù ancora lento e incerto».

Tutto questo porta gran parte dei gestori a sovrappesare ancora la componente emerging nella parte azionaria del portafoglio d'investimento. Così, per esempio, Giorgio Mascherone, responsabile investimenti di Deutsche Bank in Italia, continua a preferire i listini emergenti (assieme a Wall Street) nella composizione di un investimento tipo. Nel giro di un mese, fra l'8 febbraio e l'8 marzo, la quota di azioni emerging raccomandata in un portafoglio globale bilanciato è raddoppiata, dal 5,6% all'11% (7,7% Pacifico ex Japan, 2,8% America latina e 0,6% Est Europa).
L'aspetto intrigante è che, dopo gli straordinari rally messi a segno nel 2009 dai listini emergenti, con il conseguente rincaro dei prezzi medi, anche il 2010 – malgrado le apparenze – promette bene. «La correzione vista fra gennaio e febbraio – osserva Jurgen Maier, gestore emerging equities a Raiffeisen Capital Management – non è affatto inusuale e non segna la fine della crescita di lungo periodo».

Questo perché, «nonostante vi sia un po' di incertezza sui mercati, i fattori fondamentali sottostanti non sono cambiati e, anzi, sono più favorevoli che mai. Per esempio, possiamo citare i livelli demografici, la struttura dei costi salariali, una forte necessità di convergenza, frequenti e buone forniture di materie prime, la crescita dei mercati nazionali e, questa è storia più recente, finanze pubbliche molto più solide e robuste rispetto alla maggior parte dei paesi indtrializzati».
Gli analisti di Credit Suisse suggeriscono di entrare strategicamente sugli emergenti asiatici nelle fasi di correzione. «Il calo del primo trimestre 2010 – scrive una recente Research flash della banca svizzera – è solo una correzione di mid-cycle, non un'inversione di trend. Gli investitori dovrebbero approfittare dei ribassi delle Borse asiatiche per acquisti strategici». Anche perché, secondo i modelli econometrici di Credit Suisse, «gli utili aziendali, le valutazioni e lo scenario di liquidità continuano a sostenere le prospettive dei mercati asiatici». Anche il rischio di ulteriori strette monetarie è già ben prezzato nelle quotazioni correnti.

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Lo stesso Maier sottolinea che, in termini di valutazione, «i prezzi delle azioni dei mercati emergenti sono ancora giustificati, nonostante le loro crescita, e restano ancora più bassi rispetto a quelli dei paesi industrializzati». La forte crescita degli utili attesi (vedi grafico) «rende corretti gli attuali livelli di valutazione, in alcuni casi perfino troppo bassi».
Nel 2010, secondo molti gestori, i prezzi dei listini emerging saranno sostenuti anche dai flussi dei fondi. Questo vale anche per le obbligazioni emergenti perché, come osserva Gabriele Bruera di Compass Asset Management, «dopo il deflusso del 2010, da inizio anno stiamo registrando un significativo aumento degli investimenti dei fondi in questa classe di bond: circa l'1% settimanale del totale degli asset gestiti globali».
Detto tutto questo, è giusto riferire che vi sono anche gestori con una visione più cauta sulle prospettive dell'investimento nei paesi emergenti nel prossimo futuro.
«Noi ne abbiamo ridotto il peso nei portafogli gestiti – confessa Wade di Schroders –, anche se continuiamo a essere positivi sul lungo termine. Potrebbe esserci una nuova correzione su quei mercati, perché si vorrà vedere le autorità riportare l'inflazione sotto controllo, prima di una nuova fase rialzista e quindi di un ritorno degli investitori verso questa asset class».

Anche gli analisti di Standard Life Investments concordano che ora circoli troppo ottimismo. «Certo i fattori di sostegno esistono – conclude Andrew Milligan , responsabile delle strategie globali a Standard Life Investments – tuttavia, alle valutazioni correnti, nel medio termine difficilmente il ritorno degli emerging batterà quello delle Borse dei paesi industrializzati».