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PLUS24 / Le regole per investire. Come evitare di scottarsi

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2010 alle ore 13:51.
L'ultima modifica è del 09 giugno 2010 alle ore 15:49.

Lo sbarco in Borsa, di per sé, non è sinonimo di successi futuri. Detto così non può che apparire un'ovvietà, ma la grancassa battuta dai soggetti interessati all'operazione (dalla società stessa, alle banche ai collocatori) rischia di farlo dimenticare. Del resto il dato empirico la dice lunga sull'imprevedibilità delle singole vicissitudini: si va dall'apoteosi di Kerself (+208% dallo sbarco sul listino) o di Diasorin (+129% in meno di tre anni) alla débacle di Damiani (-76%) o Bialetti (-79%). Quindi è bene per i piccoli investitori concentrarsi sulla sostanza dell'operazione: dal prezzo e dalla sua congruità alla dinamica dell'azienda e alla sua solidità economico-patrimoniale.

Anche perché nell'operazione di raccolta di capitali, qual è lo sbarco in Borsa, ci sono in atto tendenze antitetiche: la società vuole legittimamente massimizzare l'incasso; il risparmiatore il suo rendimento futuro. E più è alto il prezzo, meno in teoria può correre il titolo. Ma come si fa a valutare? Difficile farlo, ma qualche regola di buon senso può evitare di infilarsi in vicoli ciechi. Innanzitutto è importante sapere dove andranno i capitali raccolti. Possono servire in buona parte ad abbattere il debito e magari a restituire crediti alle stesse banche che portano il titolo sul listino, oppure essere impiegati per fare acquisizioni. Tra le due ipotesi forse ha più senso finanziare con i propri soldi la seconda. A volte l'operazione vede in campo i soci di controllo che vendono i propri titoli (è una Opv) o c'è di mezzo un aumento di capitale (Ops) o una miscela delle due (Opvs).

Se prevale l'operazione in cui sono i proprietari dell'impresa a vendere, sappiate che vorranno valorizzare il più possibile la propria plusvalenza e l'incasso finirà nelle loro mani. Se c'è un'Ops allora i soldi raccolti rimangono in azienda.
Anche qui forse è meglio investire laddove i soldi servono alle finalità dell'azienda e non ad arricchire i proprietari. Occhio poi alle operazioni che avvengono a ridosso dell'operazione tra i soci di maggioranza e l'azienda: c'è chi vende attività della famiglia alla società aumentando d'incanto il valore grazie al collocamento sul listino. Occhio poi alla dinamica dei margini reddituali. Perché è su quelli che si fa il prezzo del titolo applicando un moltiplicatore. Più è alto il Mol (margine operativo lordo) più vale l'azienda. Quel dato del Mol dovrebbe però crescere grazie all'attività ordinaria dell'impresa. Qualche volta torna comodo elevare quel valore grazie a operazioni straordinarie nell'imminenza della quotazione. Il valore cresce, si incassa di più, ma in virtù di un contributo che l'anno successivo non ci sarà più. Piccolo risparmiatore avvisato, mezzo salvato.

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