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Finanza e Mercati In primo piano

Mercati monetari in tensione. A giugno record di "parcheggi" di liquidità

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2010 alle ore 09:06.

E' salita a livelli record la ‘febbre' del mercato monetario nella zona euro a giugno. Il termometro che dà evidenza alle tensioni delle ultime settimane è il livello di utilizzo della deposit facility, uno degli strumenti a disposizione del sistema europeo delle banche centrali per gestire la liquidità dell'area. Le banche commerciali hanno la possibilità di investire (sarebbe meglio dire ‘parcheggiare') la liquidità in eccesso presso le banche centrali nazionali dell'eurosistema con una remunerazione penalizzante (oggi è dello 0,25%). Il livello di questi depositi overnight ha raggiunto livelli mai visti prima, neppure nell'autunno del 2008, dopo il fallimento di Lehman Brothers.


Come emerge dal grafico elaborato dal Sole 24 Ore su dati Bce, nel periodo di gestione delle riserve a cavallo tra maggio e giugno, la media dei depositi ha sfiorato i 300 miliardi di euro (294,97) miliardi, per l'esattezza), con punte di oltre 384 miliardi tra l'11 e il 13 giugno. Solo a gennaio del 2009 (il momento peggiore per i mercati dopo il fallimento di Lehman) era stato raggiunto un livello di depositi paragonabile ma comunque nettamente inferiore, pari a 252 miliardi. Prima del crack della banca d'affari americana, tra luglio e agosto 2008, la media era stata di appena 173 milioni.

Il segnale è importante per le imprese perché dimostra che non tutta la liquidità immessa nel sistema affluisce all'economia reale, come è nelle intenzioni della banca centrale, ma viene in gran parte parcheggiata dalle banche che non vogliono rischiare.
Dunque, c'è da temere che si riproduca sul mercato il credit crunch di fine 2008 e inizio 2009? Non esattamente. Per capirlo basta guardare un altro indicatore di liquidità, lo spread tra i tassi euribor e l'overnight index swap che misura soprattutto le attese sui tassi di interessi. Se si allarga lo spread vuol dire che il mercato sconta un rischio di controparte crescente, cioè le banche hanno più timori a prestarsi reciprocamente liquidità. Da mesi questo differenziale si mantiene al di sotto dei minimi registrati prima della crisi, intorno allo 0,3% contro lo 0,5% della primavera 2008 e l'1,8- 1,9% dell'autunno dello stesso anno. Anche se l'euribor sta registrando piccoli segnali di tensione nelle ultime settimane, la situazione resta ampiamente sotto controllo.

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Tags Correlati: Bce | Credito alle imprese | Gregorio De Felice | Intesa Sanpaolo | Marco Annunziata | Unicredit Group

 


Cosa c'è, dunque, sotto questi dati? Ce lo spiega Gregorio De Felice, capo economista di Intesa San Paolo. «Il primo luglio va in scadenza la maxi-asta da 442 miliardi di euro lanciata un anno fa dalla Bce per dare liquidità al sistema e dunque molte banche commerciali che avevano partecipato all'operazione si stanno preparando. Da quanto riferiscono gli operatori, oltre alle banche greche, nelle ultime settimane sono diventate molto attive anche le banche portoghesi e quelle spagnole» che evidentemente avevano attinto copiosamente all'asta di un anno fa e non possono farsi trovare impreparate al momento del rimborso. Secondo De Felice, anche le moderate tensioni sul mercato interbancario che si manifestano con l'aumento dei tassi euribor, sono frutto di questa attesa.
C'è il rischio che accada quanto capitò a fine novembre del 2008, quando l'euribor fece un salto di 50 punti base in una sola seduta? «La scadenza è delicata ma non mi aspetto grossi scossoni. Ci sono tensioni e i dati della deposit facility e sull'interbancario lo dimostrano. Ma è probabile che la banca centrale intervenga per stemperarle».


Dello stesso avviso è Marco Annunziata, capo economista di Unicredit Group. "La situazione di fondo è molto diversa: allora c'era assoluta incertezza sul mercato e il rischio di controparte elevatissimo dipendeva dal fatto che era sconosciuto l'ammontare di titoli tossici nei portafoglio delle banche. Oggi il rischio è legato al debito sovrano il cui ammontare è conosciuto. Buona parte degli asset tossici è venuta alla luce e anche sui titoli governativi periferici c'è piu' chiarezza. Quindi c'è un limite, noto, oltre il quale non si va».
Certo, tra le banche «c'è preoccupazione e i dati lo dimostrano». Anche perché – spiega ancora Annunziata, se si verificasse oggi un blocco dei flussi di credito verso le imprese, verso l'economia reale, come capitò un anno e mezzo fa, «le conseguenze sarebbero ben peggiori. Allora c'era incertezza totale e l'economia era ferma, le imprese non investivano e quindi non c'era domanda di finanziamenti alle banche. Oggi invece le imprese sono tornate a investire e la domanda di liquidità c'è. Un nuovo credit crunch sarebbe deleterio».

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