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As Roma, il difficile addio dei Sensi. Per l'accordo con Unicredit rinvio all'8 luglio

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2010 alle ore 16:06.

Non è solo una questione di soldi. O di cuore. È anche una questione politica. Altrimenti perché Rosella Sensi, presidente dell'As Roma e primogenita della famiglia che da 17 anni controlla la squadra di calcio con «i tifosi più tifosi del mondo», sarebbe stata ricevuta sabato a Palazzo Chigi dal sottosegretario Gianni Letta? Un incontro avvenuto 48 ore prima di un appuntamento che potrebbe segnare il passaggio di proprietà della squadra all'Unicredit o l'avvio ufficiale della procedura di vendita del club quest'anno secondo soltanto all'Inter in campionato e in coppa Italia.

Malgrado una bozza di accordo preparata dagli avvocati per sfilare la Roma alla famiglia Sensi, resta l'incertezza sull'esito finale dell'udienza di conciliazionedavanti al collegio arbitrale, investito della controversia tra la banca di Alessandro Profumo (per inciso, interista) e i Sensi. Rosella, 38 anni, è sempre riluttante a firmare la resa e a cedere il controllo della Magica a Unicredit. La banca ha ereditato dalla fusione con l'ex Capitalia di Cesare Geronzi (oggi presidente delle Generali, accreditato di simpatie per la Lazio) un credito verso la Compagnia Italpetroli, il contenitore degli affari della famiglia Sensi, che ha assunto dimensioni insostenibili, oggi sarebbero 325 milioni di euro, per le fragili spalle del gruppo, fatto di immobili, depositi petroliferi e pallone. Altri 80 milioni il gruppo li deve al Monte dei Paschi di Siena.

L'udienza arbitrale di lunedì, in ogni caso, non ha portato a un'intesa ed è stata aggiornata a giovedì 8 luglio alle 18. In mattinata Rosella Sensi ha incontrato l'amministratore delegato di Unicredit Corporate Banking, Piergiorgio Peluso, nello studio legale del professor Cesare Ruperto. Un nuovo incontro interlocutorio c'è stato nel tardo pomeriggio.

Unicredit è già proprietaria del 49% di Italpetroli, dentro la quale c'è il 67% della Roma, e secondo la bozza di intesa si prenderebbe anche il 51% ora della famiglia Sensi, diventando così proprietaria del destino della Magica, che la banca metterebbe subito in vendita, attraverso un consulente finanziario, che sarebbe banca Rothschild. Secondo indiscrezioni, con questo schema di accordo verrebbero azzerati gli oltre 400 milioni di debiti della famiglia Sensi, sia verso Unicredit sia verso Mps, mentre alle tre sorelle Sensi resterebbero l'immobile di prestigio sede del gruppo, Villa Pacelli sull'Aurelia vicino al Vaticano, alcuni alberghi per un valore di almeno 30 milioni.

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Tags Correlati: Agostino Gambino | Alessandro Profumo | Antonio Conte | As Roma | Banca del Monte dei Paschi di Siena | Borsa Valori | Cesare Geronzi | Cesare Ruperto | Consob | Dati di bilancio | Generali | George Soros | Gianni Letta | Gruppo Compagnia Italpetroli | Inter | Italia | Piergiorgio Peluso | Rosella Sensi | S.S. Lazio | Unicredit

 

Questo schema d'accordo non confermato da fonti ufficiali, non ha però valore se non c'è la firma di Rosella Sensi e delle due sorelle, eredi della fortuna di papà Franco. E la visita di Rosella a Gianni Letta dà la sensazione di una resistenza all'affondo di Unicredit. La banca, se non ci sarà un"intesa, potrebbe sollecitare una richiesta di fallimento di Italpetroli, in grave crisi di liquidità.

Un'alternativa alla cessione di tutta Italpetroli alla banca potrebbe essere l'affidamento a Profumo di un mandato irrevocabile a vendere la Roma: con i proventi verrebbero rimborsati parte dei debiti. Intanto Rosella Sensi potrebbe mantenere la guida della Roma, un incarico che non ha solo un valore affettivo, perché le assicura uno stipendio di quasi 100mila euro lordi al mese.

Ma quanto vale davvero la Roma? Due anni fa gli intermediari di George Soros (mai apparso ufficialmente nella trattativa) avevano offerto 283 milioni per il 100% della società, Rosella giocò al rialzo, i rappresentanti del finanziere si ritirarono. In Borsa l'intero club vale circa 128 milioni, in ripresa dopo che lunedì il titolo è salito del 7,17% a 0,971 euro. Un rally risultato delle aspettative di un cambio di proprietà che, salvo deroghe della Consob, farebbe scattare l'obbligo di un'Opa sul flottante, pari al 33% del capitale non detenuto da Italpetroli.

I conti della squadra non sono floridi. Nei primi nove mesi dell'eserizio 2009-2010, da luglio fino al 31 marzo scorso, i ricavi consolidati sono diminuiti dell'8,7% a 108,2 milioni. Il risultato netto di competenza è in rosso per 2,43 milioni (c'era un utile di 7,28 milioni l'anno precedente), nonostante un aumento delle plusvalenze da calciomercato da 16,9 a 22,1 milioni. Secondo le previsioni della società, anche il trimestre aprile-giugno è stato negativo e il bilancio dell'intero esercizio è in rosso.

La Roma non ha debiti verso le banche, ma ha "debiti di funzionamento" per 54 milioni al 31 marzo 2010: di questi 21 milioni erano scaduti, ma non pagati. In maggio c'erano debiti per 21 milioni verso calciatori e tesserati per gli stipendi di 3 mesi (febbraio, marzo e aprile), che vengono pagati in ritardo. Solo in maggio la Roma ha saldato gli stipendi di gennaio 2010.

Questa situazione dimostra che, indipendentemente dall'esito del braccio di ferro tra la famiglia Sensi e Unicredit, nel futuro della Roma è necessario un robusto aumento di capitale. Il patrimonio netto consolidato al 31 marzo era di appena 6,56 milioni. Oppure sarà necessario tagliare le spese per i calciatori e tutto il personale (salite da 70,6 a 71,6 milioni nei primi nove mesi dell'esercizio) o vendere i calciatori più pregiati. Un monito che vale anche per un eventuale nuovo proprietario della Magica.

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