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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 15:20.
La guardia di finanza di Reggio Emilia ha arrestato Walter Burani e il figlio Giovanni con l'accusa di bancarotta fraudolenta, nell'ambito del fallimento della casa di moda fondata dall'omonima famiglia. Al padre Walter sono stati concessi gli arresti domiciliari mentre il figlio Giovanni è stato portato a San Vittore. L'accusa è di aver dissipato il patrimonio della società attraverso operazioni finanziarie tra le quali anche il sostenimento artificioso del titolo in Borsa. Nell'inchiesta sono indagati anche Ettore Burani, Giuseppe Gullo, Kevin Mark Tempestini e Stefano Maria Setti.
Nell'ordinanza con cui ha disposto il loro arresto, il gip Fabrizio D'Arcangelo sottolinea «la spregiudicatezza assoluta e la capacità criminale dei Burani ed in particolare di Giovanni, che, pur consapevoli dell'esistenza di indagini della G.d.F., di un procedimento penale a loro carico e di una procedura amministrativa della Consob, non esitano di cercare di far nuovamente ricorso ad operazioni fittizie». Dal documento si apprende che «Giovanni e Walter Burani, con la complicità degli altri indagati, manager Burani e soggetti terzi, hanno perseguito con continuità il disegno criminale di trarre in inganno risparmiatori e creditori, nonché le autorità di controllo dei mercati». Ciò emerge, in particolare, dalle intercettazioni telefoniche. «Emerge anche - spiega il gip - una rete di relazioni intrattenute dai Burani con soggetti italiani e stranieri ai margini del mondo economico regolare, che quantomeno appaiono privi di credibilità rispetto ai mercati regolamentati e all'ambiente finanziario "ufficiale", e che vengono utilizzati per operazioni dai contorni ambigui ed oscuri».
Dall'ordinanza si apprende che i Burani hanno avuto una vera e propria «smania finanziaria» che ha «travolto» l'attività del gruppo della moda Mariella Burani.
Le attività svolte per sostenere i titoli di Mariella Burani Fashion Group erano «tanto più fraudolentemente dissipatorie» del patrimonio di Burani Designer Holding, «in quanto» gli indagati, Walter e Giovanni Burani, insieme a Ettore Burani, Kevin Tempestini e Giuseppe, «operavano nella consapevolezza che la reale situazione economica finanziaria e patrimoniale di Mbfg era sensibilmente deteriore rispetto a quella artatamente ostentata con le comunicazioni sociali». Inoltre, in relazione all'Opa parziale lanciata sul 15% del capitale di Mbfg, questa viene definita dall'accusa «incoerente con l'interesse sociale», senza considerare che Bdh «era in stato di crisi» al momento del lancio dell'Opa.