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Finanza e Mercati Obbligazioni

Corsa ai titoli corporate. Rendono meno di un caffè

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2010 alle ore 09:08.

I BoT-people, che da anni ormai si accontentano di poche briciole al posto dei rendimenti, possono consolarsi. Il gruppo dei computer Ibm lunedì è riuscito a collocare sul mercato americano obbligazioni triennali pagando una cedola appena dell'1%. Nessuna azienda era mai riuscita a scendere tanto in basso. Chi ha investito 100 dollari in questi titoli, insomma, incasserà appena un dollaro l'anno di interessi. Un caffé.

Meno di alcuni conti correnti. Eppure il bond di Ibm ha raccolto una forte domanda da parte degli investitori istituzionali: all'offerta – non certo golosa – hanno infatti risposto 151 fondi e in poco più di un'ora hanno affollato le banche Bnp, Barclays e Goldman con ordini d'acquisto per 2,8 miliardi di dollari contro gli 1,5 miliardi di bond in offerta.

Benvenuti nel mondo del surreale. L'uscita dalla crisi finanziaria è ancora un'incognita, la ripresa economica presenta più punti interrogativi che certezze, i fallimenti aziendali sono previsti in aumento. Eppure le obbligazioni societarie attirano gli investitori come i fiori con le api. La domanda è fortissima, le aziende emettono valanghe di bond da tutte le parti del mondo e i rendimenti continuano a scendere. In America siamo ormai mediamente intorno al 5%, minimo dall'aprile 2004.

Per questo le aziende ne approfittano per indebitarsi. A livello globale, calcola Dealogic, tra gennaio e luglio sono stati emessi bond aziendali per 194,3 miliardi di dollari: solo il 2007, con 197,7 miliardi, aveva fatto di più. Ebbene sì: siamo tornati ai livelli del 2007. L'anno della «bolla del credito». Tanti addetti ai lavori esultano: «È tornata la fiducia», «le aziende si finanziano facilmente», dicono. Ma questo è solo il bicchiere mezzo pieno. C'è infatti anche un'altra faccia della medaglia: prima o poi tutti questi debiti giungeranno a scadenza. E, tutti insieme, i nodi finiranno al pettine.

Bicchiere mezzo pieno
L'esultanza di tanti addetti ai lavori appare per certi versi giustificata. Con le banche più parche nell'erogare credito, le imprese hanno infatti trovato uno sbocco sui mercati per trovare finanziamenti. Uno studio pubblicato dall'agenzia di rating Fitch, dimostra che oggi le imprese europee sono sempre meno banco-centriche. Se dieci anni fa su 100 euro di finanziamenti 58 arrivavano dalle banche e 42 dal mercato dei bond, ora le percentuali sono invertite: il 73% del loro fabbisogno viene infatti raccolto sul mercato obbligazionario. Le imprese, insomma, stanno disintermediando il sistema bancario. Dunque hanno sempre più bisogno del mercato.

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Dall'altro canto gli investitori sono pieni di liquidità, hanno ancora timore del mondo azionario e non trovano tanta "trippa" in quello dei titoli di stato. Quindi domanda e offerta si incontrano alla perfezione: le aziende hanno interesse a finanziarsi, e gli investitori hanno interesse a comprare bond perché di alternative ce ne sono poche. A volte la domanda è spinta anche da motivi tecnici. In Francia, per fare un esempio, le assicurazioni vita devono garantire ai sottoscrittori un rendimento del 4% a lunga scadenza. Non è un caso che l'Eni abbia emesso a fine giugno un bond decennale con una cedola – coincidenza – del 4%: e – altra coincidenza – la fetta principale di quel bond è stata venduta in Francia.

Bicchiere mezzo vuoto
Eppure tutte le medaglie hanno un risvolto. Questo boom di corporate bond solleva infatti alcuni interrogativi. Il primo problema è che gli investitori cercano titoli sempre più rischiosi per avere qualche centesimo di rendimento in più, sottovalutando le possibili conseguenze: non è un caso che il boom di emissioni abbia riguardato anche i titoli high yield (secondo Dealogic a luglio c'è stato il record storico) e quelli senza rating. Gli investitori, insomma, stanno letteralmente raschiando il fondo del barile. E questo potrebbe non essere particolarmente lungimirante.

Il secondo problema riguarda la scadenza di questa montagna di obbligazioni. Secondo i dati calcolati da Dealogic per Il Sole 24 Ore, da qui al 2015 le aziende di tutto il mondo dovranno rimborsare un pacco da 2.800 miliardi di euro, con botte da oltre 500 miliardi l'anno. Se a queste scadenze si sommano quelle di altre tipologie di obbligazioni (per esempio i titoli di stato), significa che gli investitori dovranno rifinanziare migliaia di miliardi di debiti. Tra gli addetti ai lavori qualcuno vede in questo affollamento di scadenze un potenziale problema: i bond sono molto meno flessibili dei finanziamenti bancari, e quando scadono sono difficili da rinegoziare. Altri addetti ai lavori, però, sono ottimisti: «Le aziende – spiega un operatore – impareranno a gestire l'indebitamento». Vedremo. Intanto godetevi l'1% tondo tondo pagato da Ibm. Oppure compratevi un caffé...

m.longo@ilsole24ore.com

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