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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 16:20.
È nel nome della democrazia e dell'equità la via cinese alla valutazione del credito sovrano seguita dall'agenzia di rating Dagong che su queste basi analizza e critica anche l'Italia. In un'intervista esclusiva a Radiocor, il presidente Guan Jianzhong spiega genesi, parametri e fondamenta dell'analisi dell'agenzia che ha messo in discussione la leadership americana nel settore e che ha già fatto sensazione con un recente rapporto sul credito sovrano di 50 Paesi, in cui premia il debito di Cina ('Aa+), Russia, Brasile, India con un voto migliore rispetto a Moody's, S&P e Fitch e assegna rating inferiori al G7 al completo.
«Nessuna preferenza per la madre patria», precisa Guan, rispetto alle "Tre Grandi" del settore «siamo guidati da standard e teorie di rating diverse. È la ricchezza sociale di nuova creazione che sostiene la capacità di finanziamento di una nazione e costituisce la fonte primaria di rimborso del debito». Inoltre, «con i se mpre più frequenti e gravi shock esterni, la forza istituzionale complessiva svolge un ruolo di primo piano nel proteggere la stabilità del credito sovrano». Le "Tre Big" «sono orientate ideologicamente, danno un peso eccessivo all'impatto positivo di privatizzazioni e liberalizzazioni, usano il Pil pro-capite come indicatore chiave della forza economica di un Paese, dimenticando l'importanza della crescita potenziale e utilizzano parametri politici ed economici applicabili solo ai Paesi sviluppati».
L'analisi sull'Italia (A- con outlook negativo) indica che «lo sviluppo economico è probabilmente frenato da problemi che riguardano la capacità nazionale di gestione. Ci sono frequenti crisi di Governo e questo può danneggiare stabilita e coerenza delle politiche governative». Lo squilibrio nella distribuzione degli interessi e le contraddizioni sociali «ostacolano la realizzazione di varie riforme da parte del Governo, la pubblica amministrazione è inefficiente e int erferisce con l'attività economica». Bene il sistema bancario che si è mostrato solido, anche nella crisi, ma a minare la solvibilità sovrana è l'andamento dei conti pubblici». Con l'aggravante che «a causa della pesante pressione fiscale e della rigidità della spesa governativa, è difficile fare in Italia una riforma fiscale che permetta di ridurre il deficit in modo sostanziale nel breve termine». (Radiocor)