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Profumo è secondo nella classifica delle buonuscite più ricche. Romiti irraggiungibile

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2010 alle ore 19:17.

Una buonuscita quasi dieci volte superiore ai 4,27 milioni della sua busta paga 2009 (), intorno allo 0,1% della capitalizzazione borsistica di UniCredit (circa 33 miliardi di euro) e pari all'6% dell'utile netto fatto segnare dal gruppo nel primo semestre (669 milioni di euro). Con i numeri è possibile sbizzarrirsi alla ricerca di un'indicazione per rispondere alla domanda più gettonata di oggi: quali criteri hanno portato a definire una buonuscita da 40 milioni di euro lordi (poco più della metà al netto), in cambio delle dimissioni di Alessandro Profumo?

Il super manager genovese, che ha annunciato di voler versare due milioni di euro in beneficienza alla Casa della Carità di don Colmegna, è balzato al secondo posto nella graduatoria delle buonuscite più generose concesse in Italia. Davanti a lui c'è l'inarrivabile Cesare Romiti, che nel 1998 lasciò la carica di presidente incassando 105 miliardi di vecchie lire come premio per i 25 anni di carriera nell'azienda torinese, che attualizzati corrispondono a circa 66 milioni di euro. Ai quali vanno aggiunti i 99 miliardi di lire per il patto di non concorrenza. "Appena" 20 milioni di euro è riuscito, invece a spuntare quattro anni dopo Paolo Cantarella, all'epoca ad del gruppo e con la stessa anzianità di servizio in Fiat. Mentre Paolo Fresco ha lasciato la guida dietro la concessione di un pacchetto di stock option dal valore imprecisato.

Al terzo posto si piazza un altro banchiere, Matteo Arpe, che nella primavera del 2007 ha mollato la carica di amministratore delegato in Capitalia, incassando una liquidazione di 30 milioni di euro. A dire il vero l'accordo prevedeva anche un pacchetto di stock option: pur non essendo stato comunicato il prezzo, è difficile che ne abbia beneficiato, considerato il tracollo borsistico dei titoli bancari negli ultimi anni. Pochi mesi dopo è toccato al presidente della stessa Capitalia (nonché grande avversario di Arpe) Cesare Geronzi: una volta completata la fusione con Unicredit, si è fatta da parte incassando 20 milioni di euro. Non prima di aver trovato un nuovo lavoro: la presidenza di Mediobanca. Passando dalla finanza all'industria, Roberto Colannino ha lasciato la carica di ad dell'Olivetti in cambio di una buonuscita di 17 milioni di euro (la cifra è tuttavia comprensiva dei compensi per l'attività di chief executive officer di Olivetti-Telecom fino al momento dell'entrata del gruppo Pirelli). Dieci in più di quelli percepiti lo scorso anno da Luca Majocchi al momento di dire addio a Seat Pagine Gialle. Di 4,2 milioni ha dovuto invece "accontentarsi" nella primavera dello scorso anno Ugo Ruffolo, ex ad e dg di Alleanza Assicurazioni.

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Andando indietro nel tempo, il 2003 si è segnalato come un anno dei grandi addii e dei grandi incassi. Davide Croff ha lasciato la carica di amministratore di Bnl incassando 16,3 milioni di euro (+900% rispetto ai normali emolumenti che aveva percepito l'anno precedente), mentre Gaetano Mele si è dimesso da direttore generale di Rcs Group portando a casa 9,6 milioni (1,2 milioni di e 8,4 di buonuscita). Male non è andata nemmeno a Vincenzo De Bustis (che ha lasciato Mps incassando circa 5 milioni di euro). Diversa sorte è toccata nello stesso anno a Vincenzo Maranghi, che ha lasciato la carica di amministratore delegato in Mediobanca (dove era entrato 30 anni prima) senza bonus, limitandosi a incassare 1,5 milioni di euro per le ferie non godute in carriera.
Tra le aziende "generose" con i vecchi top manager va segnalata Telecom Italia, che nel 2008 si è ristrutturata a caro prezzo: l'addio dell'ad Riccardo Ruggiero è costato circa 13 milioni di euro e quello del vice-presidente e già ad Riccardo Buora intorno ai 10 milioni. Poco meno della metà aveva incassato nel 2005 Marco De Benedetti per lasciare la guida di Tim.

Somme che fanno impallidire non solo i comuni mortali, ma anche quei calciatori (per lo più stagionati) che durante il mercato estivo sono stati convinti dalle rispettivi squadre a rescindere il contratto, in cambio di una buonuscita (vedi i casi di Camoranesi e Trezeguet, che hanno percepito circa 500mila euro a testa). Liberi come gli ex-manager di trovare subito un'altra società pronta a ricoprirli d'oro.

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