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Intervista a Stark sul patto di stabilità: Bce delusa, contro la crisi del debito servono misure forti

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2010 alle ore 19:23.

FRANCOFORTE. Jürgen Stark, 62 anni, è oggi membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea; ma negli anni 90 fu tra i negoziatori del nuovo Patto di Stabilità. In questa intervista commenta a caldo la riforma del trattato appena decisa lunedì in Lussemburgo nel tentativo di rafforzare la disciplina di bilancio nell'Unione. Emerge una certa delusione per l'accordo raggiunto due giorni fa dopo mesi di negoziati.

Lei voleva che fosse depoliticizzata la procedura sul deficit-eccessivo: è contento del compromesso?
Non ho ancora visto il rapporto finale del gruppo van Rompuy e non posso commentare su qualcosa che non ho visto ancora. Se le notizie più recenti fossero confermate, i risultati sarebbero molto inferiori alle proposte della Commissione che prevedevano un automatismo più forte nell'applicazione delle sanzioni contro i paesi in deficit. I governi devono prendere azioni decise e adottare misure forti per rispondere alla crisi del debito sovrano.
Lei è quindi deluso.
Voglio essere molto chiaro: i politici devono imparare la lezione di questa crisi. Per assicurare un buon funzionamento dell'Unione monetaria, devono affrontare due questioni: da un lato le regole sulla finanza pubblica, e dall'altro un nuovo meccanismo di sorveglianza macroeconomica. L'indebolimento del Patto di Stabilità nel 2005 si è rivelato una delle cause della crisi del debito sovrano. Abbiamo bisogno di un salto quantico nella riforma del quadro istituzionale indispensabile per governare le politiche macroeconomiche e di finanza pubblica nella zona euro. Il Patto deve poggiare sull'applicazione di sanzioni quasi-automatiche contro i paesi in deficit eccessivo.
Come valuta il modo in cui si è deciso di trattare il problema del debito elevato?
Dobbiamo dare nuova enfasi al debito, e non solo al deficit. Da quando è stata creata la zona euro il debito è stato per molti versi ignorato o tralasciato. In alcuni paesi è rimasto sopra al 100% del Pil. Ciò non è sostenibile neppure in presenza di un deficit inferiore al 3% del Pil.
E per quanto riguarda la sorveglianza macroeconomica?
Dobbiamo monitorare il debito privato per identificare eventuali squilibri. In questo contesto bisogna fare attenzione, tra le altre cose, alle partite correnti e alla competitività dei prezzi dei singoli paesi.

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Diventerà permanente un meccanismo di salvataggio dei paesi in difficoltà. Cosa ne pensa? C'è per caso il rischio di creare azzardo morale?
Se avremo regole di finanza pubblica credibili e che garantiscono la sostenibilità dei conti pubblici e se avremo un meccanismo di sorveglianza macroeconomica che corregge eventuali squilibri e vulnerabilità un sistema di risoluzione delle crisi si rivelerà inutile.
Alcuni governi europei credono che sia giusto dare spazio al debito privato per meglio valutare la situazione di un dato paese.
Credo che il debito privato possa essere utile nella sorveglianza macroeconomica, per contrastare l'emergere di squilibri finanziari all'interno della zona euro. Peraltro, i dati relativi agli ultimi anni mostrano che i debiti, privato e pubblico, si muovono spesso in tandem. Tenga presente per esempio che il debito totale italiano, pubblico e privato, è aumentato tra il 1999 e il 2009 dal 195 al 251% del Pil.
Passiamo alla politica monetaria. Alcuni osservatori temono che a questo punto con l'accelerazione della crescita economica il tasso di riferimento (oggi all'1%) sia troppo basso.
Considero la politica monetaria appropriata. Osservo però che con il recente miglioramento della situazione economica è diventata negli ultimi tempi più accomodante. Ci aspettiamo una crescita moderata nei prossimi mesi. Ci sarà un rallentamento in questa seconda parte dell'anno, ma che non deve essere oggetto di eccessive interpretazioni.
In Germania il governo ha dato il suo assenso per un aumento dei salari più generoso che in passato. E' una novità politica. Come reagisce?
Anch'io ho notato questa novità, rimanendone sorpreso. Non sta a me intervenire sulle contrattazioni salariali. Mi limito a osservare che la ripresa economica è molto disuguale da settore a settore, tale da non giustificare incrementi salariali a tappeto. Non dimentichiamoci che l'attività economica è ancora a un livello inferiore a quello precedente la crisi.
C'è chi parla di troppa liquidità e della possibilità di creare nuove bolle. L'oro per esempio è ai massimi storici: è una bolla o riflette la paura di inflazione?
A proposito dell'aumento dell'oro, questo riflette probabilmente il desiderio degli investitori di cercare la sicurezza in un contesto di incertezza. Non vedo per ora segnali di una bolla. Ma dobbiamo monitorare da vicino questa situazione e capire se stiamo assistendo a una nuova corsa a rendimenti generosi. Il consiglio direttivo è pienamente consapevole dell'analisi effettuata dalla Banca per i regolamenti internazionali che qualche settimana fa ha messo l'accento sui rischi che tassi d'interesse bassi e misure straordinarie di liquidità rimangano in essere più del necessario. La Bri ha fatto notare che la corsa a rendimenti generosi da parte degli investitori ha già avuto un impatto sui prezzi delle attività finanziarie.
In questo contesto, il presidente della Bundesbank Axel Weber ha detto che il tasso di riferimento dovrebbe essere rialzato prima piuttosto che dopo. Lo stesso ha detto sulle generose operazioni straordinarie di rifinanziamento. Lei cosa ne pensa?
Attualmente, la posizione di politica monetaria è appropriata. Ciò detto, voglio precisare che abbiamo sempre la possibilità di cambiare la nostra posizione di politica monetaria, anche senza avere eliminato del tutto le misure straordinarie di liquidità. Per quanto riguarda le operazioni di rifinanziamento a tre mesi al tasso fisso e ad ammontare illimitato previste fino a gennaio, decideremo molto probabilmente nella nostra riunione di dicembre se continuarle o meno. Sarà una scelta che dipenderà totalmente dai dati che avremo a disposizione in quel momento.
Il presidente Weber è stato anche molto critico dell'acquisto di obbligazioni da parte della Bce. Ha spiegato che andrebbe sospeso subito e permanentemente.
Questa decisione è stata presa dal consiglio in maggio. E' una misura per sua natura temporanea che continueremo finché sarà necessaria. E' stata decisa per aiutare a calmare i mercati ed evitare un blocco nella trasmissione della politica monetaria. La settimana scorsa l'Eurosistema non ha acquistato titoli sul mercato: assistiamo quindi a un certo miglioramento della situazione, anche se c'è ancora incertezza.
Il presidente della Bundesbank è sempre più critico delle posizioni della Bce. Come spiega questo atteggiamento?
E' normale che ci siano valutazioni diverse all'interno del consiglio direttivo, che ha 22 membri presto 23, ma l'organismo deve parlare con una sola voce dopo aver valutato con attenzione i pro e i contro di una decisione. Le discussioni del consiglio devono avvenire in privato, non in pubblico. Dobbiamo evitare di interferire nei mercati funzionanti. In qual caso il programma di acquisto di obbligazioni diverrebbe quasi uno strumento a sostegno delle politiche di spesa. Questa non è certo l'intenzione del consiglio.
In altri paesi, come il Giappone o gli Stati Uniti le iniezioni di liquidità dovrebbero servire a sostenere l'economia. Lei cosa ne pensa?
Alcuni economisti sostengono che queste misure possano aiutare l'economia, almeno nel breve termine. Io credo che in ultima analisi possano modificare solo le variabili nominali non quelle reali. C'è molta liquidità nel sistema economico mondiale. Potrebbe non essere un problema a livello nazionale, ma potrebbe diventarlo nel tempo a livello globale.
Nel contempo queste iniezioni di liquidità potrebbero indebolire alcune monete a danno dell'euro. C'è chi parla di guerra valutaria. Non ci sono rischi per la valuta unica?
L'espressione guerra valutaria non mi piace. Mi rendo conto però che c'è il rischio di assistere a una corsa al protezionismo. Sarebbe deleteria, come dimostra l'esperienza degli anni 30. Il nostro compito è di sostenere lo spirito di cooperazione internazionale nato subito dopo lo scoppio della crisi. E mi aspetto che questo spirito caratterizzi i dibattiti al prossimo G-20.
Un'ultima domanda visto che questa settimana si celebra la giornata della statistica. Si discute molto del fatto che i dati sul Pil non riflettono bene il quadro economico di un paese. Lei cosa ne pensa?
Ogni tanto riemerge l'idea di creare una nuova statistica più affidabile, più omnicomprensiva. La crisi avrà un impatto sulla crescita a lungo termine ed ecco che riemergono queste discussioni, quasi ci fosse il desiderio di mostrare una situazione migliore di quella reale. E' vero che il dato sul Pil non ci dice tutto su una data situazione economica, ma è bene o male un indicatore comparabile e accettato a livello mondiale, per ora l'unico che dia un quadro sufficientemente ampio.

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