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Finanza e Mercati In primo piano

Sorpresa. Il salvataggio delle banche Usa rende al governo di Washington più dei titoli di stato

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2010 alle ore 10:41.

Salvare banche, assicurazioni o gruppi automobilistici può rendere al contribuente americano più dell'investimento in titoli di stato. Almeno questo è quanto salta fuori da un calcolo realizzato da Bloomberg, che ha analizzato il guadagno del governo di Washington sui 309 miliardi di dollari stanziati nel Troubled Asset Relief Program (Tarp). Ebbene, fino ad oggi nelle tasche dei tax payer Usa sono tornati indietro 25,2 miliardi di dollari, cioè un rendimento, nei due anni del programma, dell'8,15 per cento. Se Mr e Mrs Smith mettessero i loro pochi dollari rimasti sul Treasury decennale avrebbero uno yield attorno al 4 per cento.

Certo, bisogna vedere se Bloomberg ha calcolato tutti i cosiddetti costi occulti, in particolare quelli fiscali. Certo, il confronto tra un investimento straordinario come il Tarp e quello "lineare" da cassettista a stelle e strisce lascia un po' il tempo che trova. Tuttavia, non può negarsi che la sorpresa c'è. Il programma di bailout voluto dal ministro del Tesoro Henry Paulson, e dall'allora presidente George Bush (e non da Obama, come qualche politico italiano di primo piano ha invece indicato...), al momento del suo varo era stato osteggiato in mille modi. Si erano levati strali contro l'idea di lanciare una ciambella di salvataggio alle "corrotte" banche e assicurazioni, anche perché «è certo che i soldi - si diceva - non li vedremo più». E, invece, i soldi sembrano tornare indietro.

«Dal punto di vista del contribuente - commenta Todd Petzel, capo investimenti di Offit Capital Advisors - il Tarp è un buon successo». Una situazione che si è potuta concretizzare anche grazie al fatto che i tassi di interesse americani sono praticamente a zero: in questo scenario, per esempio, molte banche salvate possono prendere denaro in prestito a costo nullo, per poi immetterlo sul mercato a tassi più elevati; in questo modo gli istituti finanziari hanno potuto fare buoni utili e ripagare (anche) il Tarp.

I costi indiretti sono più alti dei bailout
«E proprio questa differenza su cui lucrano le banche - ricorda Petzel- è un costo indiretto che pesa sul risparmio. Ho calcolato che, considerando un saggio d'interesse imposto a imprese e famiglie di almeno del 5%, la "tassa" che paghiamo è circa 350 miliardi di dollari». Un peso non da poco considerando che la Fed, giusto o sbagliato che sia, tiene i tassi sullo zero per uscire da una crisi creata dalle stesse banche salvate con i soldi pubblici.

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Tags Correlati: Enry Paulson | Fed | George Bush | Henry Paulson | Mr | Offit Capital Advisors | Smith | Stati Uniti d'America | Titoli di Stato | Todd Petzel | Wall Street

 

Di più: nel suo recente libro «It takes a Pillage: Behind that Boilouts, Bonuses and Backroom deals from Washington to Wall Street», l'ex dirigente di Goldman Sachs Nomi Prins ha calcolato che la somma complessiva trasferita dal governo a Wall Street per sostenere il sistema finanziario ammonta a circa 19.400 miliardi di dollari.

Fin qui le indicazioni generali. Nei casi concreti si può ricordare che uno dei più grandi bailout realizzati, quello dei 45 miliardi in Citigroup, ha dato il suo ritorno. Non tanto attraverso la restituzione di soldi da parte della banca, bensì grazie alla vendita sul mercato di parte delle quote acquisite dal governo. Un'operazione che, secondo Bloomberg, ha permesso un rendimento del 18 per cento.

Sempre rimanendo dalle parti delle banche, il ritorno (al netto di divideni incassati, delle vendite di warrant) sul salvataggio da 10 miliardi in favore di Goldman Sachs sarebbe del 14% mentre quello di Morgan Stanley del 13 per cento. Percentuali non da poco: ma, come si è visto, non così indicative sul reale costo del sostegno dato ai vari "Captain Greed" di Wall Street.


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