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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2010 alle ore 14:30.
In Arizona lo stato ha pensato di vendere gli edifici pubblici, e riprenderli in affitto, per colmare i buchi nel bilancio. Alle Hawaii 500 persone hanno dovuto fare la colletta per evitare la chiusura di una libreria pubblica. In California lo stato per mesi ha dovuto usare speciali cambiali per pagare gli stipendi pubblici, perché era a corto di soldi. In Utah 17mila dipendenti statali si sono ridotti i giorni lavorativi e in Florida si sono abituati alle videoconferenze per risparmiare sui viaggi. Qualcuno ha avuto idee geniali per tagliare i costi. Altri hanno avuto spunti meno fantasiosi: nel 2010, per esempio, 31 stati Usa hanno ridotto i dipendenti pubblici.
Sta di fatto che, coast to coast, un po' tutte le amministrazioni statunitensi stanno raschiando il fondo del barile perché non hanno più soldi. Tanto che, tra i Repubblicani e nella stampa Usa, qualcuno inizia a ipotizzare l'eventualità – per ora impossibile tecnicamente – che qualche stato americano possa andare in bancarotta. Per non parlare delle città: alcune negli anni '80 l'hanno già fatto. Ecco a voi la prima potenza economica mondiale: gli Stati Uniti d'America. O quello che ne resta.
I mercati finanziari se la prendono con l'Europa e con i suoi Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), ma la crisi delle finanze pubbliche oltreoceano forse morde di più. Non soffrono solo i "Cani" (California, Alabama, New York e Illinois), nomignolo creato dal «Sole 24 Ore» per indicare alcuni dei paesi più in difficoltà: in ginocchio ci sono almeno 18 stati americani. Alcuni dei quali sarebbero in bancarotta se non avessero il sostegno federale. Il problema, però, è che anche lo stesso governo centrale, con il suo debito ormai superiore al 100% del Pil e previsto al 700% nel 2084 dalla Congressional Budget Office, arranca. La Fed stampa dollari, certo. Questo aiuta, ovvio. Ma non si vive di sola zecca. Secondo una impietosa analisi della Cbo, se la Casa Bianca non si mette subito in riga rischia di perdere il controllo sui conti pubblici. Insomma: tutti guardano con apprensione all'Europa e comprano come "rifugio" i T-Bond Usa, ma è negli Stati Uniti che i numeri economici indicano le maggiori criticità. È vero che hanno tanti punti di forza (a partire dal fatto che il dollaro è la valuta di riserva mondiale), ma il dubbio resta: fino a quanto si può tirare una pur resistente corda?