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Finanza e Mercati In primo piano

Per frenare l'inflazione la Cina rivaluterà lo yuan del 5% nel 2011. E intanto sostiene i bond spagnoli

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2011 alle ore 14:10.

Anno nuovo, guerra delle valute vecchia. A parer di molti economisti, dopo le fluttuazioni a cui ci ha abituato il mercato dei cambi nel 2010, anche quest'anno la volatilità sarà protagonista del Forex e dintorni. E, su questo fronte, il nuovo anno si apre con le indiscrezioni - riportate stamani su un editoriale del China Securities Journal, organo non ufficiale ma sempre molto vicino alla politica economia di Pechino - secondo cui la Cina permetterà che quest'anno lo yuan si apprezzi fino al 5% circa nei confronti del dollaro, dopo l'apprezzamento del 3,5% messo a segno da giugno (da quando la Cina abbandonato il sistema di cambi fisso nei confronti del dollaro aprendo a una potenziale variazione giornaliera massima nell'ordine dello 0,5%). La previsione è superiore ai contratti forward offshore che attualmente riflettono attese di apprezzamento dello yuan del 3% circa quest'anno.

Verso uno yuan più forte
Molti osservatori - indica l'agenzia Radiocor - mettono in relazione il contenuto dell'editoriale con la prossima visita negli Stati Uniti del presidente cinese Hu Jintao dove, immancabilmente, la questione della parità valutaria e del deficit commerciale degli Usa con la Cina, che in ottobre ha raggiunto i 25,5 miliardi di dollari.

Ma non sarebbe questa l'unica ragione alla base dell'intenzione di rivalutare lo yuan. Uno yuan più forte dovrebbe essere uno degli strumenti utilizzati dalle autorità cinesi nel primo trimestre del 2011 per frenare eventuali bolle dei prezzi delle attività e l'inflazione, secondo un economista vicino al governo. Inflazione sempre più minacciosa perché accompagnata a una forte crescita (ieri il governatore della banca centrale cinese, Zhou Xiaochuan, ha detto che l'economia cinese è cresciuta del 10% nel 2010).

Tra le altre misure di lotta contro l'aumento dei prezzi, le autorità cinesi potrebbero aumentare nuovamente i tassi di interesse e accrescere il tasso sulla riserva obbligatoria delle banche, da quanto scrive Shusong Ba, direttore generale dell'Istituto di ricerca finanziaria all'interno del Centro di ricerca per lo sviluppo, dalle colonne dell'Economic Information Daily. «Che si tratti di limitare l'inflazione o ridurre gli squilibri commerciali, vi é più spazio per la regolazione del tasso di cambio dello yuan nel 2011 che nel 2010», spiega Ba. «Fino ad oggi Pechino regola rigidamente il tasso di cambio dello yuan, nonostante il suo impegno nel mese di giugno per lasciare fluttuare liberamente la sua moneta rispetto al dollaro». Uno yuan più forte potrebbe ridurre il costo delle importazioni cinesi e rendere le esportazioni più costose, limitando così la domanda di prodotti "Made in China" e ridurre in questo modo l'afflusso di valuta straniera in Cina, il denaro contante che alimenta l'inflazione. Ba ha poi detto che l'indice dei prezzi al consumo potrebbe aumentare dal 5% al 6% nel primo semestre del 2011.

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Surplus della Cina nei confronti del resto del mondo a 190 miliardi di dollari
Tutto questo, peraltro, non cambia la poszione cinese espressa oggi anche una dichiarazione del viceministro del commercio cinese, Jiang Yaoping, secondo cui non é con la rivalutazione dello yuan che si può raggiungere il (parziale) riequilibrio dell'interscambio USA-Cina richiesto dal Governo di Washington. Secondo Jiang, nel 2010 il surplus commerciale della Cina nei confronti del resto del mondo dovrebbe ammontare a circa 190 miliardi di dollari rispetto ai 196 miliardi del 2009.

La Cina controlla il 7% del debito dell'eurozona
Oltre al surplus commerciale, la Cina è in grado di esercitare forti pressioni aile principali economie del pianeta. Oltre all'imponente quota di titoli di Stato americani (che determinano quello che gli economisti chiamano "equilibrio del terrore" tra Cina e Stati Uniti) sta aumentando anche la quota di titoli dell'eurozona in pancia al governo di Pechino. Secondo le stime del quotidiano economico francese La Tribune, la Banca centrale cinese (Bcc) controlla il 7,3% circa del debito pubblico dei paesi della zona euro, per una cifra vicina a 630 miliardi di euro.

Sull'argomento non esistono cifre ufficiali della Bce, che si limita a comunicare che il 25% circa del debito dell'area, oltre 2.210 milioni di euro, è in mano a non residenti. Se la cifra calcolata dalla Tribune è corretta, ciò significherebbe che in mano ai cinesi c'è oltre il 28% della parte di debito in mano a creditori esterni alla zona euro. La stima del quotidiano francese è analoga a quella pubblicata ad aprile dell'anno scorso del Financial Times che, senza citare le fonti dell'informazione, sosteneva che nelle mani di Pechino c'erano oltre 630 miliardi di titoli di debito pubblico dell'eurozona. Non a caso, proprio oggi, nel corso di una visita ufficiale a Madrid, il vice premier cinese Li Keqiang ha promesso che la Cina comprerà "più" titoli di Stato spagnoli. L'Agenzia Xinhua ha anticipato, che come vuole la tradizione in occasione di visite ad alto livello, Cina e Spagna firmeranno diversi accordi a livello governativo e contratti commerciali. L'ammontare annunciato é di 7,5 miliardi di dollari.

La Banca mondiale emette i primi bond in yuan
Inoltre la Banca mondiale ha annunciato l'emissione dei suoi primi bond denominati in yuan. Nel dettaglio, l'Istituto sovranazionale si accinge a emettere sul mercato di Hong Kong titoli biennali per 500 milioni di yuan (circa 57 milioni di euro). Una novità che favorisce indirettamente le intenzioni della Cina di aumentare il peso internazionale della propria valuta.

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