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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2011 alle ore 12:25.
Il 2010 si è chiuso con i big del pianeta sul piede di guerra sul fronte valutario. Il 2011 si apre, nelle intenzioni, con auspici migliori. L'obiettivo è riportare un clima più disteso sia sui prezzi delle materie prime alimentari - la cui impennata ha causato un'ondata di violenze in Algeria e Tunisia - che sulle valute. Sono queste le intenzioni della campagna del presidente della Francia, Nicolas Sarkozy, che quest'anno presiede i forum di G8 e G20. Temi di cui parlerà oggi a Washington dove incontrerà Barack Obama. Tra gli altri spunti in agenda anche la lotta al terrorismo islamico.
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Il Brasile attacca Cina e Stati Uniti
Quello delle valute, però, appare al momento un enigma arduo da risolvere (perlomeno nel breve periodo). Anche perché, nei fatti, più che smorzarsi i toni, terminate le feste di Natale, Capodanno ed Epifania, si stanno riscaldando nuovamente. Con il Brasile che, ormai, non usa più le mezze misure per attaccare Stati Uniti e Cina. Il paese verdeoro - che sta registrando tassi di crescita elevati e nel 2011 si appresta a superare l'Italia in termini di Prodotto interno lordo - si sente preda della speculazione che avrebbe determinato il recente forte apprezzamento del real sul dollaro statunitense (+39% dal 2009). Una rivalutazione che dalle stanze della finanza nel Forex (il mercato delle valute) impatta direttamente in dogana. «Questa è una guerra delle valute che si trasforma in una guerra commerciale», ha detto il ministro delle Finanze del Brasile, Guido Mantega in un'intervista al Financial Times, la prima da quando la presidenza della nazione verdeoro è passata a Dilma Rousseff (delfina del presidente uscente Lula da Da Silva).
Non a caso i dati sulle esportazioni tra Brasile e Stati Uniti evidenziano uno scivolone negli ultimi 12 mesi: dal surplus di 15 miliardi di dollari (a favore del Brasile) a un deficit di 6 miliardi. Il Brasile non ha digerito l'ultimo quantitative easing della Federal Reserve - che si è impegnata ad acquistare titoli di Stato americani per 600 miliardi di dollari fino a giugno 2011 - considerandolo distorsivo in chiave valutaria e, quindi, nei rapporti commerciali. Mantega parla chiaro anche alla Cina: «Abbiamo eccellenti relazioni commerciali con la Cina...Ma ci sono dei problemi...Certo ci piacerebbe osservare una rivalutazione del renminbi». Tema che il presidente Rousseff - differenziandosi da Lula che temeva di irritare i cinesi, forti acquirenti di materie prime brasiliane - vuole discutere in aprile, nel corso del prossimo incontro a Pechino con i dirigenti del gigante asiatico.