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A Milano apre il primo sportello di Icbc, la banca cinese che vale quanto il Pil italiano

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2011 alle ore 12:03.

Industrial & commercial bank of China, la banca cinese che vale quanto il Pil italiano: c'erano tutti, nel parterre di Piazza Affari, ieri sera, a salutare l'arrivo a Milano, in Galleria, della prima banca al mondo per capitalizzazione di borsa, la prima banca cinese, al top per profitti (12,4 miliardi di dollari nella prima metà del 2010), 235 milioni di clienti, 16.397 sportelli nel mondo.

C'erano il sindaco di Milano, Letizia Moratti, la città dell'handover con l'Expo di Shanghai 2010, il ministro dello sviluppo economico Paolo Romani, che ha ricordato i retroscena di quando andò a Pechino per discutere di banda larga e Icbc si dichiarò disponibile a entrare in campo («per loro, erano bruscolini»), Cesare Romiti presidente della Fondazione Italia Cina secondo il quale si tratta di un arrivo importante, «non solo per quanto riguarda Milano e Icbc, ma anche per le relazioni tra Italia e Cina e per i nuovi scenari di collaborazione che questa inaugurazione porterà».

Scenario confermato dal presidente di Icbc, Jiang Jianqing, che con l'Italia chiude un lungo giro europeo. Per Jiang il futuro è più che promettente se si pensa che «tra Italia e Cina c'è stato un interscambio di 13 miliardi di dollari nel 2003, destinati, come ha detto il premier Wen Jabao, a diventare 80 nel 2015, anno dell'Expo 2015 a Milano».

C'erano banchieri, imprenditori, concorrenti come Bank of China ("The people's bank of China", utili in crescita del 26% nel 2009, profitti pari a 11,8 miliardi di dollari), presente da 12 anni in via Santa Margherita vicino alla Scala e da un anno con un'altra filiale nel cuore di Chinatown.

Ci sono le aziende cinesi del Go Global. E ci sono i big della comunità cinese, fonte di rimesse ingenti. Non esserci, sul territorio, in questo momento vuol dire lasciare spazi importanti ad altri: Bankitalia segnala flussi verso la Cina da circa due miliardi di euro nel 2009 e tra banche cinesi e money transfer sembra in atto un'eterna lotta tra gatto e topo. Con i money transfer chiusi per effetto di operazioni della guardia di finanza sulle linee grigie dell'economia. Infatti le banche raccolgono secondo Bankitalia solo il 10% circa dei flussi.

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I dati Uib-Uif dicono che le rimesse totali dall'Italia nel 2009 sono state di 6,7 miliardi di euro nel 2009, in crescita del 5,84% rispetto al 2008. Le rimesse dall'Italia verso la Cina hanno pesato nel 2009 per il 29% (rispetto al 24% del 2008) e sono state di 1,9 miliardi di Euro (in crescita rispetto a 1,5 miliardi di euro del 2008). E dire che la comunità cinese in Italia pesa solo per il 4,4%. Per fare un paragone, prendendo la Romania (paese che rappresenta le prima comunità straniera in Italia, con il 20% del totale stranieri residenti) le rimesse nel 2009 sono state di soli 824 milioni di euro (in leggera crescita rispetto ai 768 milioni di euro del 2008) e rappresentano solo il 12% del totale flussi.

Katia Romano, responsabile marketing di MoneyGram, la vede così: «La corsa delle rimesse in Italia è ripresa grazie proprio a quelle dei cinesi. Il 2009 è stato chiuso con un ottimo 28,5% sul totale dall'Italia. Credo che la vera lungimiranza risieda però in un fattore politico, strategico, ovvero nella possibilità di fare accordi con altre banche o istituzioni».

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