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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2011 alle ore 11:49.
L'ultima modifica è del 22 gennaio 2011 alle ore 11:49.
La tesi secondo cui Stati Uniti e Cina si stanno avviando verso un'imminente riduzione, se non eliminazione, del loro divario commerciale ha provocato un certo fermento sui media e nella blogosfera. Il dibattito è stato innescato da un documento presentato da Martin Feldstein, economista di Harvard, durante l'assemblea annuale dell'American Economic Association all'inizio di questo mese. Come ha spiegato Feldstein, dato che i consumatori statunitensi cominciano a risparmiare di più e quelli cinesi probabilmente inizieranno a risparmiare di meno, gli squilibri commerciali potrebbero sparire. «Non è difficile immaginare che, da qui a qualche anno, gli squilibri dei conti correnti fra Usa e Cina saranno nettamente inferiori al livello attuale, se non addirittura azzerati», ha scritto.
Non tutti coloro che esprimono pareri sulla tesi di Feldstein la comprendono veramente. Molti sono confusi da un errore comune, anche se Feldstein ha saputo evitare questa trappola. Per esporlo, consideriamo innanzitutto il motivo per cui l'attuale politica della Cina sullo yuan rappresenta un problema per il mondo. Quasi tutti sanno che un disavanzo commerciale deriva dal fatto che un paese spende più di quanto guadagna. Alcuni traggono quindi la conclusione che, siccome il problema dipende da squilibri di spesa, la politica relativa al tasso di cambio non c'entra nulla.
Proviamo a immaginare che l'America e la Cina siano i soli due paesi del mondo. Se con il cambiamento delle abitudini di consumo la spesa americana si riduce di 400 miliardi di dollari mentre quella cinese aumenta di pari misura, lo squilibrio commerciale sparisce, giusto? No, non è così semplice. Se gli americani riducessero la spesa per consumi di 400 miliardi di dollari, gran parte di questa riduzione, poniamo il 75%, deriverebbe dalla minore spesa in beni e servizi di produzione americana. Perché? Perché anche il pigiama made in China che un americano acquista da Wal-Mart contiene una componente significativa di valore aggiunto lungo la catena di distribuzione e commercializzazione negli Stati Uniti. La contrazione della domanda quindi inciderà per circa 300 miliardi di dollari sul prodotto americano e per 100 miliardi su quello cinese.