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Finanza e Mercati In primo piano

È John Paulson il re Mida della finanza

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2011 alle ore 08:15.

Credete che i bonus multimilionari dei top executive delle grandi banche siano difficili da battere oltre che da giustificare? Ricredetevi: i veri super-ricchi a Wall Street restano i re degli hedge fund, dove i guadagni personali si contano non in milioni ma in miliardi. I premi pagati da celebri firme di Wall Street quali Goldman Sachs e Jp Morgan sono briciole soprattutto per John Paulson, gestore dell'omonimo fondo: nel 2010 ha intascato, secondo le prime stime, oltre cinque miliardi di dollari. Un record assoluto, nell'arco di dodici mesi, per la finanza di ogni genere e di ogni epoca, ha sentenziato il Wall Street Journal scomodando il termine «epocale».

Le gesta di Paulson, anche nell'era delle riforme post-crisi sui mercati, sono il simbolo del continuo successo delle stelle della finanza alternativa e speculativa, che opera lontano dai riflettori, poco regolamentata e patrimonio dei grandi investitori. Alle spalle del 55enne fondatore della Paulson & Co. sgomita un'agguerrita pattuglia di re Mida: da David Tepper di Appaloosa Management a Ray Dalio di Bridgewater Associates. Fino al decano James Simons, il 72enne matematico che dal 1982 guida la Renaissance Technologies (ne è ancora presidente pur essendosi allontanato dalla gestione quotidiana). Tutti possono vantare guadagni, l'anno scorso, compresi tra i due e i tre miliardi.

Paulson non è nuovo a exploit che lasciano nella polvere gli stessi compagni di scommesse. Agli onori della cronaca era salito, in realtà, proprio grazie ad azzeccate «puntate» sulla crisi: nel 2007 presagì la caduta del settore immobiliare e la debacle dei mutui subprime uscendone con il precedente record, profitti per 4 miliardi. Nell'ultimo anno le operazioni redditizie sono state più d'una: da investimenti in titoli del Tesoro americani alle azioni delle banche, rastrellate a poco prezzo dopo il loro tracollo per l'esposizione a mutui e derivati (ha guadagnato un miliardo soltanto con un investimento in Citigroup).

Ancora: «puntate» su mercati emergenti, che hanno brillato. E sulle commodities e l'oro. Sul metallo giallo, anzi, ha creato fondi speciali, saliti del 45 per cento. I rivali hanno forse intascato meno, ma non sono stati da meno nelle scommesse indovinate: Tepper ha anticipato i rialzi di Borsa. Dalio quello dei bond del Tesoro e delle valute emergenti.

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Le puntate riuscite, però, da sole non spiegano le vincite miliardarie . Anche perché, nell'insieme, le performance degli hedge sono state relativamente modeste: meno del 10,5%, inferiori al rendimento del 15% registrato dall'indice S&P 500, compresi i dividendi, e il 19% guadagnato in media dai fondi comuni. Lo stesso principale fondo di Paulson, Advantage Plus, è cresciuto del 17 per cento. Per spiegare davvero i profitti personali di Paulson e colleghi bisogna così guardare altrove: al ritorno in auge dell'intero settore, o almeno di coloro che hanno dimostrato di saper sopravvivere alla bufera economica e finanziaria. E alle commissioni che riescono a strappare ai clienti.

Gli asset in mano agli hedge sono aumentati di un quinto nel 2010, sfiorando nuovamente un massimo storico a 1.920 miliardi. Nell'ultimo trimestre l'incremento di 150 miliardi è stato senza precedenti. La formula per i loro «stipendi» - criticata come eccessiva e come un irresponsabile incentivo al rischio da finanzieri quali Warren Buffett - fa il resto: l'hedge di Paulson intasca una «performance fee» pari al 20% dei profitti totali (e questo è stato spesso il minimo chiesto dai gestori, che non rispondono invece di eventuali perdite). Paulson investe inoltre propri capitali a fianco dei clienti. E le scommesse personali sono state tra le migliori: l'anno scorso ha puntato sui suoi fondi denominati in oro.

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