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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2011 alle ore 13:58.
LONDRA. Un avvertimento, uno in più al mondo di banche e banchieri che Londra gestisce con atteggiamento schizofrenico. Un po' di bastone e un po' di carota per accontentare gli elettori e non deludere la City. Molti leggono così la decisione del Tesoro britannico annunciata questa mattina di alzare a 2,5 miliardi di sterline la tassa sugli utili delle banche. Lo scorso anno era stata fissata a 1,7 miliardi. L'innalzamento di 800mila sterline non cambierà radicalmente i numeri del Budget che il Cancelliere George Osborne si appresta a varare alla fine di marzo, ma basta per arrotondare i conti e dare un segnale in più.
Arriva infatti in giornate particolari, poco prima dell'annuncio sui bonus che le banche pagheranno ai manager. Si parla di 6-7 miliardi di sterline per tutta la City, marginalmente meno dello scorso anno, straordinariamente troppo per i sentimenti di un Paese afflitto da una stretta alla spesa pubblica senza precedenti. Osborne ha quindi giocato in anticipo, avvertendo le banche che se di mostreranno eccessivamente generose verso i propri dipendenti, lo Stato si riserverà il diritto di alzare le proprie pretese.
La cifra indicata da Osborne come obiettivo della nuova tassa – 2,5 miliardi di sterline – è identica a quella raccolta dal suo predecessore il laburista Alistair Darling lo scorso anno quando impose una tassa sui bonus, extrabalzello sulla gratifica nelle buste paga dei bankers. L'approccio dei conservatori è diverso: l'imposta va misurata sui bilanci degli istituti di credito. Il risultato, nella crudezza dei numeri, promette di essere lo stesso anche se l'impatto su portafogli di banche e banchieri è distribuito diversamente.