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Finanza e Mercati Materie Prime

Perché la Cina in crisi per la siccità fa scorta di terre rare, l'oro del ventunesimo secolo

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2011 alle ore 15:36.

Un annuncio ufficiale non c'è stato: solo qualche commento qua e là, rilasciato ai media locali da dirigenti dell'industria mineraria e funzionari di governo. Frammenti di un puzzle, sufficienti però – secondo il Wall Street Journal – ad affermare che la Cina ha iniziato ad accumulare scorte strategiche di terre rare. Un'operazione che rischia di accrescere ulteriormente lo strapotere di Pechino, che già controlla oltre il 90% della produzione di questi 17 metalli strategici: materie prime non tutte altrettanto "rare", ma comunque sempre più preziose in virtù delle innumerevoli applicazioni che trovano nell'hi tech, tanto da essersi guadagnate il soprannome di «oro del ventunesimo secolo».

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Costruiti negli ultimi mesi depositi capaci di contenere oltre 100mila tonnellate
I giornali cinesi parlano di depositi di stoccaggio costruiti negli ultimi mesi nella provincia della Mongolia Interna, capaci di contenere oltre 100mila tonnellate di terre rare: quasi il triplo di quanto la Cina ha voluto esportare nel 2010.

Da qualche anno Pechino applicate le quota all'export
Giustificandosi con la necessità di preservare le risorse minerarie e l'ambiente, dopo anni di sfruttamento selvaggio, Pechino da qualche anno ha iniziato ad applicare quote all'export sempre più risicate, che hanno messo in crisi le industrie utilizzatrici, costrette ad inghiottire l'anno scorso rincari del 130% per alcuni di questi materiali, indispensabili nelle turbine eoliche, nei motori delle auto – sia quelli elettrici del futuro, che quelli tradizionali – nei telefoni cellulari e in decine di altri apparecchi elettronici di cui è ormai popolata la nostra vita quotidiana. Dopo un taglio del 40% alle quote nel 2010, che le ha ridotte a poco più di 30mila tonnellate, Pechino ha dato un'ulteriore, pesante sforbiciata, portandole per il primo semestre di quest'anno ad appena 14.508 tonnellate, quasi il 35% in meno rispetto allo stesso periodo del 2010. Il governo cinese, che aveva annunciato un ritocco minimo, ha avvertito che sarebbe un errore dedurre l'entità delle quote per l'intero anno dai livelli stabiliti per i primi sei mesi.

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Ma la Cina usa il ricatto delle «terre rare»

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Allarme sempre più forte
Ma l'allarme è sempre più forte e la decisione di accantonare materiale per una scorta strategica non può che accentuarlo, anche se manca ogni dettaglio certo in relazione a questo progetto e in fin dei conti è ben possibile che ad essere stoccate siano eccedenze che la Cina non aveva comunque intenzione di esportare. Anche Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti ed Unione europea – praticamente tutti i maggiori consumatori di terre rare – hanno preso in valutazione la possibilità di costituire scorte controllate dai governi: un modo per riuscire a far fronte ad eventuali interruzioni dell'offerta, come quella che Tokyo ha dovuto subire l'estate scorsa in seguito a tensioni diplomatiche con Pechino, almeno finché non disporranno di fonti di approvvigionamento alternative. I progetti minerari in corso di sviluppo sono numerosi (soprattutto in Australia e Stati Uniti), ma l'avvio della produzione richiederà ancora qualche anno di tempo. Ancora una volta i cinesi hanno battuto gli altri sul tempo.

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