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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2011 alle ore 15:10.
La Borsa di Francoforte e quella di Parigi-New York mercoledì avevano assicurato che le trattative per portare a termine la loro fusione fossero in fase avanzata. Detto fatto: già oggi si riunirà il consiglio di amministrazione del listino franco-americano Nyse Euronext per discutere sull'operazione e già lunedì potrebbe essere fissata la votazione. Il giorno dopo, martedì, sarà la volta del consiglio di Deutsche Börse. Queste sono le ultime indiscrezioni, lanciate ieri dal Wall Street Journal. Ennesima dimostrazione che, dopo l'annuncio del matrimonio tra il London Stock Exchange (la società che riunisce le Borse di Milano e Londra) e il listino di Toronto, le fusioni tra borse sono veramente tornate all'ordine del giorno. Se anche i Cda di Nyse Euronext e Deutsche Börse approvassero la fusione, nel giro di pochi giorni nascerebbero infatti – Antitrust permettendo – due colossi borsistici mondiali: listini globali, transoceanici, che abbracciano molteplici fusi orari.
Ora Chicago è capitale della finanza Usa
I motivi per cui tutte le Borse cercano di unirsi in matrimonio sono principalmente societari. La gestione di un listino azionario è un business che necessita di ingenti investimenti (soprattutto in tecnologia). In parole semplici: costa. Il problema è che i margini di guadagno sono bassi, per cui per realizzare profitti le Borse devono far passare sui loro listini tantissime compravendite di azioni. A questo si aggiunge un'aggravante: la crescente concorrenza da parte dei listini alternativi come Chi-X. Ormai solo il 56,53% delle azioni quotate a Londra sull'indice Ftse 100 viene scambiato veramente sulla Borsa di Londra: il restante 43,47% è invece comprato e venduto su listini alternativi. La Borsa di Bruxelles ha perso addirittura il 55% degli scambi, mentre Parigi il 37%, Francoforte il 31% e Milano il 20%. Morale: per aumentare gli utili, far fronte alla concorrenza e mantenere elevati gli investimenti, alle Borse non resta che unire le forze.
È così che queste operazioni hanno galvanizzato gli investitori. Da quando sono state annunciate, mercoledì scorso, hanno fatto salire in Borsa i titoli di tutte le Borse coinvolte: Nyse Euronext ha guadagnato il 14,66%, il London Stock Exhange il 4,59%, Deutsche Börse il 7,25% e la canadese Tmx il 4,64%. Ma se i vantaggi per le società-mercato (e per i loro azionisti) sono valutati in modo positivo, tante perplessità si sono sollevate sull'impatto che queste fusioni potrebbero avere sui sistemi-paese. In Canada si sono levate proteste dal mondo politico. Negli Usa si lamenta le fine della centralità di New York come piazza finanziaria. A Milano il dibattito è acceso dal 2007, quando Piazza Affari si unì alla Borsa di Londra. Il punto è infatti che le Borse, oltre ad essere società private (che dunque devono massimizzare i profitti), sono anche strumenti per la crescita economica di ogni paese: sono il volano per l'espansione delle imprese. Ebbene: i benefici derivanti da queste fusioni per i paesi e i sistemi economici appaiono a molti osservatori molto più sbiaditi. Il rischio è che l'interesse degli azionisti prevalga su quello degli stati.