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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2011 alle ore 11:49.
Membro dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec), la Libia (paese sull'orlo di una guerra civile) è il quarto produttore di petrolio in Africa, dopo Nigeria, Algeria e Angola, con quasi 1,8 milione di barili al giorno e riserve valutate in 42 miliardi di barili.
Quando Muammar Gheddafi arrivò al potere, nel 1969, le aziende petrolifere, soprattutto americane, estraevano dal suolo libico oltre 2 milioni di barili al giorno. Ben presto, il colonnello decise di nazionalizzare le risorse petrolifere, di limitare la produzione e di creare una Società nazionale del petrolio (Noc), che ha dato vita a joint-venture con partecipazioni minoritarie da parte delle aziende straniere.
Dopo 20 anni di isolamento internazionale, la Libia ha visto tornare tutti colossi petroliferi occidentali in cerca di greggio: sono stati circa 40 gli operatori stranieri che hanno partecipato a quattro gare per l'assegnazione dei diritti di esplorazione. L'obiettivo di Tripoli è portare la produzione petrolifera dagli attuali 1,8 milione di barili a tre milioni nel 2013, per un investimento di 30 miliardi di dollari.
Secondo l'agenzia americana di informazione sull'energia (Eia), nel 2009 la Libia era il quarto produttore africano con 1,789 milione di barili al giorno, dietro Nigeria (2,211 milioni), Algeria (2,125 milioni) e Angola (1,948 milioni). La Libia esporta gran parte del greggio verso i paesi europei, tra cui Italia, Germania, Spagna e Francia.
La Libia mira anche a sostenere la produzione di gas naturale, le cui riserve sono stimate in 1.540 miliardi di metri cubi, secondo l'Opec. In tre anni, il paese ha quasi raddoppiato le sue esportazioni di gas, passando dai 5,4 miliardi di metri cubi del 2005 a oltre 10 miliardi, secondo l'Opec.