Finanza e Mercati In primo pianoMercati finanziari appesi al filo della Fed
Mercati finanziari appesi al filo della Fed
di Andrea Gennai | 26 novembre 2013
L'equity resta in primo piano ma attenti agli eccessi sul mercato
Il 2013 è stato un anno a favore dell'azionario, come molti gestori avevano previsto alla vigilia. A tenere banco è stata l'attesa del taglio dei tassi di interesse: la tensione sull'obbligazionario ha dato una mano ai flussi di liquidità verso l'equity, sostenuti anche da un miglioramento del quadro congiunturale soprattutto negli Stati Uniti. Il mercato Usa ha avuto marcia in più con massimi storici a ripetizione. «L'economia a stelle e strisce si è ripresa - spiega Cesarano - ma non ha una crescita stratosferica. L'ultimo dato indica un valore poco sotto il 2 per cento come media annua. Sulle performance borsistiche ha inciso molto la liquidità in circolazione: le grosse emissioni di titoli corporate negli Usa sono state utilizzante per piani di buy back azionari, alla stregua di quanto accadeva nel 2007.
Questa tendenza è più o meno forte a seconda dell'andamento dei tassi. Se sale il costo del denaro il funding diventa più costoso e vengono emessi meno corporate». I tassi sono rimasti relativamente bassi negli Stati Uniti, tranne l'impennata del rendimento del decennale tra maggio e settembre (dal 2% circa al 3% circa). L'indice S&P 500 da inizio anno guadagna il 25%: una performance di tutto rispetto. Più indietro l'indice Dax con il 20% mentre il Ftse Mib segue con un +20 per cento. «L'idea - continua Cesarano - è che l'area euro possa avere una marcia in più il prossimo anno, dopo una lunga fase di stagnazione. C'è molta attesa anche per il piano Draghi per le Pmi».
Resta poi sempre sotto osservazione l'intero mondo degli Emergenti. Il forte deflusso di capitali nel timore del tapering Usa ha portato a una massiccia svalutazione delle valute. Oggi questi mercati sono molto penalizzati. La vera scommessa potrebbe essere nel corso del 2014 qualora gli Usa decidessero di stoppare il tapering.
Nessun rialzo incontrollato dei tassi per il decennale Usa
Doveva esser un anno di tensione per l'obbligazionario e in parte lo è stato anche se il timore di un rialzo dei tassi è stato solo in parte recepito dal mercato. Alla fine il rendimento del bond decennale negli Stati Uniti si posiziona oggi intorno al 2,6 per cento mentre il rendimento del Bund si posiziona al di sotto del 2 percento.
Quelli che erano stati i cosiddetti titoli "safe haven" durante la crisi finanziaria hanno mantenuto comunque ancora un forte appeal. Da luglio poi lo spread tra BTp e Bund si è portato stabilmente sotto i 300 punti con massicci acquisti sui periferici, complice il calo della tensione sui rischi sovrani, con il rendimento del BTp sceso al 4 per cento. Nei prossimi mesi il tema dei tassi a livello internazionale è strettamente collegato a quello che farà la Fed. Una riduzione del piano di stimoli (tapering) potrebbe far salire i rendimenti: resta da capire se questa mossa inizierà già a dicembre oppure sarà rinviata a marzo. Il cambio al vertice della Fed, in un quadro di dati macro che non appare del tutto confortante, potrebbe far propendere per l'opzione primaverile. Non è facile immaginare - spiega Cesarano - che il decennale Usa possa restare sensibilmente sopra il 3 per cento.