Francesca Torri, Luana Meola e Giovanna Merloni sono tre imprenditrici piuttosto note nel mondo della birra artigianale. Prima
che qualcuno si stupisca del fatto che siano tre signore in un ambiente visto molto spesso come un'enclave di uomini barbuti
e tatuati ,andrebbe ricordato che la presenza femminile nella produzione e nella vendita di birra ha radici antichissime.
Anzi, non si sbaglierebbe nemmeno a ipotizzare che la prima birra l'abbia inventata proprio una donna. Questo almeno rileggendo
le disposizioni del sovrano babilonese Hammurabi, che sanzionava le birraie trovate ad allungare con acqua il prodotto, o
ricordando il ruolo fondamentale che ebbero per secoli le alewives inglesi.
Un mestiere faticoso
Di certo, essere donna nel mondo della birra artigianale oggi può rappresentare una sfida un po' più complicata rispetto a
quella che vivono i colleghi uomini. «I primi tempi sono stati difficili, più che altro quando andavo alle fiere», ricorda
Francesca Torri che la birra ha iniziato a produrla in prima persona nel 2005, dopo un paio d'anni in affiancamento, nel suo
Mosto Dolce di Prato. «Ricordo più di qualche sguardo perplesso quando rivelavo di essere io a occuparmi della produzione.
Che poi voleva anche dire dover spostare sacchi di malto da 25 kili e fusti in acciaio da 40. C'è voluto qualche anno, ma ora non sento un'attenzione particolare per il fatto che sia una donna».
«All'inizio più che perplessità mi sentivo un po' ignorata», confida Luana Meola, alla guida di Birra Perugia dal 2013. «Avendo
soci uomini ritenevano evidentemente che non fossi io quella che lavorava in sala cotte. Poi nel 2015 è arrivata la prima
medaglia al concorso Birra dell'Anno e lì si sono accorti di me. Però devo dire che, né prima né dopo, l'ambiente birrario
mi ha fatto sentire in difficoltà; ancora oggi invece qualche fornitore che entra in azienda e mi trova magari con guanti
e stivali mi chiede di poter parlare con un titolare. Io dico che lo chiamo subito, poi esco dalla stanza e rientro. Un po'
ci rimangono…».
Giovanna Merloni invece le ossa se l'è fatte nell'omonima azienda di famiglia che produceva elettrodomestici, poi l'avventura
nel mondo della birra artigianale avviata nel 2015. «In effetti il mondo artigianale sembra essere un po' maschilista», confessa,
«ma non ho mai vissuto veri episodi di sessismo. Il fatto è che la birra artigianale ha amplificato l'idea stessa di birra,
moltiplicandone aromi e gusto, avvicinando così un numero sempre maggiore di donne che oggi sono protagoniste a pieno titolo
del settore. In tutti i ruoli possibili: da quello di imprenditrice a quello di birraia, dal ruolo di chi gestisce un locale
a quello di chi è una semplice appassionata».
Quello della birra è comunque un mondo dove le differenze si registrano nella qualità di ciò che contiene il bicchiere e poco importa chi quel bicchiere lo riempie o lo svuota.
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