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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2012 alle ore 06:44.

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VENEZIA
Lavora per i colossi tedeschi come Mercedes, Audi e Bmw, che gli garantiscono l'80% del fatturato totale. Eppure attende quasi 77mila euro dallo Stato da nove anni. La storia è quella dell'imprenditore veneziano Vittorio Furlan, 67 anni, legale rappresentante di Veneta Stampi, industria metalmeccanica con sede a Ceggia, specializzata nella progettazione e costruzione di stampi in lamiera per auto. L'azienda, che impiega una quarantina di addetti e ha un fatturato di circa 7 milioni, fa parte di un gruppo (Gruppo Veneta Stampi) con un centinaio di operai e un fatturato di 12 milioni, che ha saputo combattere la crisi investendo all'estero.
Una situazione ottimale se non fosse per il credito del Ministero del Sviluppo Economico. La somma faceva parte di un finanziamento dedicato allo sviluppo e al rilancio industriale, stanziato sulla base del cosiddetto Patto Territoriale Venezia Orientale del 1999.
«La mia società – racconta Furlan, tre figli che lavorano in azienda – ha effettuato un investimento di oltre 2 milioni e 700mila euro, iniziato nel luglio 1998 e terminato cinque anni e mezzo dopo. Questi dati sono stati certificati dal Ministero dello Sviluppo Economico che nel 2007 ha effettuato un sopralluogo in azienda, verificando la realizzazione di un nuovo capannone e l'assunzione di numeroso personale. Nella medesima situazione si trovano altre nove piccole aziende, facenti parte dello stesso Patto Territoriale, che sono creditrici per 544.356 euro. I 77mila non rischiano di bloccare la mia azienda, ma sono amareggiato e deluso da questa situazione, che non riguarda solo me».
La legge n. 662 del 1996 aveva fra le sue finalità promuovere e finanziare lo sviluppo integrato di piccole e medie aziende operanti in aree territoriali e coordinate dagli enti locali. «In questi anni – racconta l'imprenditore veneto – il Ministero dello Sviluppo Economico ha addirittura comunicato di aver smarrito una parte della pratica del Patto, che poi abbiamo ripresentato. Successivamente abbiamo sollecitato innumerevoli volte, anche attraverso interrogazioni parlamentari, la nostra associazione di categoria e il Patto stesso, ma non è valso a nulla. È come sbattere contro un muro di gomma; nessun politico e nessun funzionario pubblico si è assunto la responsabilità dei ritardi denunciati». «Quanto iniquo è uno Stato che da una parte è inadempiente verso i propri contribuenti, ma pretende puntualità dei pagamenti di tasse e contributi?», si chiede Furlan.
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