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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2013 alle ore 10:27.

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Ieri ho presentato al Consiglio dei Ministri il Piano strategico per lo sviluppo del turismo "Italia 2020". È la prima volta che nel nostro Paese viene elaborato un piano strategico, al fine di trovare strade per contrastare la perdita di competitività dell'Italia nel turismo e riconquistare la leadership. Lo studio mette in luce i punti di vulnerabilità dell'industria turistica che, pur continuando a rappresentare uno dei settori più importanti per il Pil, negli ultimi anni ha perso smalto e si trova ora dietro a Francia e Spagna.

Il progetto è stato messo a punto da un gruppo di esperti, composto da professori universitari, consulenti, amministratori e dirigenti pubblici che negli ultimi mesi hanno analizzato il settore in profondità, mediante ricerche di mercato, interviste, analisi, elaborazioni e simulazioni.

Fino a oggi è mancato uno sforzo di questo tipo, forse anche perché il turismo è materiale di competenza regionale e dunque senza un presidio centrale "forte". Si tratta del primo e del più importante aspetto da mettere in rilievo: il settore ha bisogno di una diversa governance perché è impossibile competere con successo a livello globale attraverso politiche frammentate e non coordinate tra loro.

L'Italia è dotata di una quantità di risorse che possono essere valorizzate dal punto di vista turistico senza uguali; abbiamo dunque un vantaggio competitivo, ma non possiamo pensare di continuare a campare di rendita. Oggi il settore è più complesso che in passato perché i clienti sono molto più diversi tra loro, più sofisticati, mentre la qualità dei servizi offerti ai turisti è più importante che in passato perché altri paesi hanno fatto molti passi in avanti. Per cogliere tutte le opportunità del settore è necessario dotare il Paese di una strategia unitaria e di un'offerta moderna.

Strategia unitaria non significa mancata valorizzazione dei diversi territori, ma piuttosto impiego razionale e coordinato delle risorse in un contesto di risorse limitate e concorrenza agguerrita. Offerta moderna significa saper confezionare dei "prodotti turistici" che prendano in considerazione l'esperienza complessiva del turista, dal momento in cui inizia la prenotazione al momento in cui torna a casa e viene ricontattato in un'ottica di fidelizzazione.

Un altro aspetto molto importante è la scelta dei clienti a cui rivolgersi; a livello internazionale il turismo sta crescendo rapidamente (da 280 milioni di viaggiatori nel 1980 a circa 1 miliardo nel 2012, con previsioni di quasi 2 miliardi entro il 2030) e proprio dai viaggiatori internazionali l'Italia può attendersi il più elevato contributo alla crescita. Le azioni contenute nel piano possono portare un contributo incrementale al Pil per un valore intorno ai 30 miliardi nel 2020, come risultato della tenuta della spesa dei turisti italiani e di un incremento della spesa dei turisti stranieri (portando il PIL generato dal turismo da 134 a 164 miliardi) e un impatto sull'occupazione di 500mila nuovi posti di lavoro.

Il turismo "Made in Italy" si dovrà rivolgere prevalentemente ai turisti "affluent" provenienti da Europa, Nord America e Golfo Persico, nonché ai nuovi turisti provenienti dai Bric e dalle economie a crescita rapida. Si tratta di confezionare un'offerta coerente con la nostra ricchezza ambientale, storica e culturale, puntando ai clienti che possono generare il maggior valore aggiunto, con una strategia coerente con le nostre capacità ricettive e con le nostre infrastrutture, ma che richiede un grande sforzo in termini di standard qualitativi dell'offerta.

Il piano indica sette linee guida molto precise (governance, rilancio dell'Enit, offerta moderna, riqualificazione del ricettivo, infrastrutture e trasporti, formazione delle risorse umane e attrazione di investimenti internazionali). Le azioni sono organizzate per velocità di implementazione e per impatto economico.

Insomma, per la prima volta l'Italia ha un piano che a me pare ben strutturato, robusto e coerente. Chiunque si occuperà di questo settore, a partire dalla prossima primavera, ha a sua disposizione un progetto che, per quanto perfettibile, può consentire di partire rapidamente. Credo però che manchi ancora una cosa importate: un cambiamento di atteggiamento nei confronti di questo settore.

Per una serie di motivi, il turismo è sempre stato considerato, implicitamente o esplicitamente come un settore di serie B e non è stato visto come un asset su cui contare per lo sviluppo del Paese. Si manda alla scuola alberghiera il figlio che non ha tanta voglia di studiare, si offrono le posizioni amministrative e di governo legate al turismo ai politici che non si sa dove piazzare e l'industria turistica è vista dagli investitori con prudenza.

Ebbene, per valorizzare questo immenso patrimonio, serve un cambiamento di atteggiamento, a partire dal Governo. Il turismo va messo in cima all'agenda, sia perché può offrire occasioni di sviluppo impareggiabili, in particolare al Sud e ai giovani, sia perché dà la possibilità di valorizzare i territori e le culture di questo Paese. Sarà impegnativo, richiederà sforzi importanti, ma è possibile. A patto che il turismo venga preso sul serio, come accade in altri Paesi moderni.

Piero Gnudi è ministro del Turismo e dello Sport

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