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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2012 alle ore 06:45.

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ROMA
Il rafforzamento dei Confidi come arma in più contro il credit crunch. Ci credono Unioncamere e Assoconfidi che hanno firmato un protocollo di intesa che mira in primo luogo al rafforzamento patrimoniale dei consorzi di garanzia.
Il sistema delle camere di commercio è, insieme alle Regioni, il principale serbatoio dei Confidi ai quali negli ultimi anni ha erogato risorse crescenti. Ora, grazie alle nuovi disposizioni del decreto "salva Italia", con l'accordo presentato ieri si studia un intervento diretto delle Camere nel capitale sociale. Il decreto, rafforzando quanto già previsto dalla legge quadro sui Confidi, consente la partecipazione al patrimonio delle strutture di garanzia da parte degli enti pubblici, Camere di commercio comprese. «Con un'azione di questo tipo – spiega Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere – possiamo offrire ai circa 50 Confidi che in questi anni si sono già trasformati in intermediari finanziari vigilati, risorse finanziarie direttamente imputabili al loro patrimonio di vigilanza». Un canale ulteriore, in altre parole, per supportare i Confidi che hanno patrimoni sotto pressione dopo gli ultimi anni di crisi che hanno richiesto sostegni più massicci alle Pmi.
Assoconfidi – ricorda il presidente Francesco Bellotti – riunisce tutte le federazioni nazionali dei Confidi dei vari comparti economici e rappresenta 300 strutture di garanzia con uno stock di finanziamenti garantiti in essere di circa 48 miliardi, a favore di 1,2 milioni di imprese associate. «Il rafforzamento patrimoniale – spiega Bellotti – può contribuire in misura rilevante ad assicurare la nostra sostenibilità economica».
L'accordo non dovrebbe comunque esaurirsi qui. Assoconfidi e Unioncamere stanno approfondendo con ministero dell'Economia e Banca d'Italia la creazione di nuovi strumenti finanziari "ibridi", che consentano di intervenire sul patrimonio in via indiretta, senza incidere sull'assetto societario dell'intermediario.
Il protocollo di intesa entrerà poi in altri campi. Si punta innanzitutto ad armonizzazione le procedure di sostegno delle Camere di commercio, visto che diversi Confidi con operatività regionale ricevono oggi contributi da una molteplicità di enti camerali spesso con procedure troppo differenti. Secondo Dardanello e Bellotti, bisognerà inoltre fare un passo avanti sulle aggregazioni, conducendo i Confidi verso strutture più dimensionate dopo l'operazione di razionalizzazione già compiuta con il passaggio a intermediari finanziari.
L'alleanza Unioncamere-Assoconfidi arriva dopo un biennio in cui dal sistema camerale sono giunte risorse per 230 milioni, quasi il triplo rispetto al 2008, cioè allo scoppio della crisi. Nel 2010 sono stati versati ai Confidi 114 milioni, per 36 milioni destinati alla creazione di fondi di controgaranzia e cogaranzia, quindi in forma di contributi indiretti. Per i contributi diretti, invece, 37 milioni sono andati ad accrescere i fondi di garanzia, 24 milioni sono stati concessi per ridurre gli interessi pagati dalle imprese sui finanziamenti garantiti dagli stessi confidi. Circa 7 milioni sono stati investiti dalle camere di commercio per favorire processi di fusione ed aggregazione dei consorzi.
Contemporaneamente andava aggravandosi il «credit crunch», soprattutto tra le piccole e medie imprese. Secondo il Centro studi Unioncamere, il 61% delle pmi ha richiesto risorse a credito nell'ultimo semestre del 2011, mentre solo il 33,2% ha programmato di farlo nel primo semestre 2012. Nella parte iniziale di quest'anno, tra le pmi manifatturiere tra 20 e 499 dipendenti che hanno provato a utilizzare risorse a credito, il 46% ha segnalato peggiori condizioni di accesso al finanziamento. In quasi il 35% dei casi le restrizioni sono legate a un inasprimento dei tassi di interesse e nel 26% a una limitazione dell'ammontare del credito richiesto.
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