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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2012 alle ore 06:46.
Due opere che, almeno sulla carta, sembrano avere gli stessi connotati, ma che in realtà non potrebbero essere più diverse. Gli ultimi dieci anni della Tav sono stati dedicati a progettare, riprogettare e modificare la linea. Dal Duemila ad oggi (ma di Torino-Lione, in realtà, si parla già dai primi anni Novanta) si è arrivati a mettere un punto con la Francia soltanto il 30 gennaio scorso, quando è stato firmato il nuovo trattato fra Roma e l'Eliseo. La linea veloce fra Torino e il capoluogo della Rhone Alpes si farà, ma procedendo per fasi. La prima prevede la realizzazione della tratta transnazionale, cioè il tunnel di base, le stazioni di Saint Jean de Maurienne e Susa e il raccordo con la linea storica, in Italia, a Bussoleno. L'inizio dei lavori non è previsto prima del 2013, anche perché è appena partita la progettazione definitiva.
Pensare che tante sono le analogie che si rincorrono nella storia fra l'alta velocità Torino-Lione, inserita nel quadro del corridoio Mediterraneo, e la Nuova Ferrovia Transalpina Svizzera. In entrambi i casi si tratta di linee connotate da tunnel di base (nel caso del Gottardo, la lunghezza è addirittura la stessa, cioè 57 chilometri). Per tutti, la destinazione è mista, cioè merci e passeggeri.
Il costo stimato per la realizzazione del tunnel di base della Torino-Lione è, di fatto, paragonabile al Gottardo: 8,2 miliardi – contro i 7 del versante svizzero – saranno quelli effettivamente spesi per la Fase 1, l'unica su cui per ora procede la progettazione, coperta per 2,85 miliardi dall'Italia, 2,07 dalla Francia e per 3,28 miliardi da fonti europei, ipotizzando il contributo massimo dell'Ue fino al 40 per cento.
Ma la gestione del dossier costi, nel complesso, è stata assai differente: per la realizzazione del tunnel del Gottardo (insieme al Lotschberg) l'aumento dei costi, in fase di realizzazione, si è limitato ad un 20 per cento. Per l'intera linea Torino-Lione, dai 14 miliardi del primo progetto è salito a oltre 21 miliardi. Per garantire una change di realizzazione al progetto, dunque, si è scelto di procedere per fasi. «Il problema, sovente, in Italia – spiega Francesco Karrer, presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici – è che non s'investe a sufficienza nella progettazione, finanziata con risorse contenute. Soprattutto per quanto riguarda la conoscenza dei luoghi che saranno interessati dall'opera. Una mancanza che porta, in fase di stesura del preliminare o definitivo, a stimare i costi sulla base di valori parametrici. Che poi, una volta giunti all'esecutivo o avviati i cantieri, risultano lontani rispetto a quelli reali. Ma in buona misura incide anche un certo "over design" normativo e progettuale».
Altro nodo, è che la realizzazione di grandi opere come il Tav, in Italia, non richiede alcuna forma di consultazione popolare, un aspetto ben presente Oltralpe, con forme di dibattito pubblico sia in Francia che in Svizzera. «Nel caso della Torino-Lione, al contrario – prosegue Karrer – molti sono stati i fattori oggi alla base del malcontento, a partire dalla debolezza della negoziazione a monte delle politiche, dall'insufficiente coinvolgimento sociale nella fase del concepimento dell'opera, dalla poca chiarezza del meccanismo delle compensazioni. Tutto accentuato dalla eccessiva lunghezza del processo decisionale e dalle modalità di finanziamento, per stadi definiti sulla base delle disponibilità». A questo va aggiunto il fatto che, sul fronte italiano, le politiche governative, invocate a più riprese dagli amministratori locali e dai sindaci, per il trasferimento del trasporto da gomma a ferro, faticano a farsi riconoscere e non generano effetti e ricadute sul territorio.
I fondi per migliorare l'accessibilità sul nodo di Torino e la ferrovia metropolitana sono promessi sulla carta dal 2008, ma stanno arrivando (e in minima parte) solo in questi giorni, dopo il via libera del Cipe il 23 di marzo ai primi 20 milioni, accanto ad altri 10 destinati al rilancio della Valle, a cui si aggiungono i 135 previsti dalla Legge Obiettivo per le compensazioni. Nel frattempo, però, è partito – a poca distanza dal futuro tunnel di base della Torino-Lione – il cantiere per il raddoppio del tunnel autostradale del Frejus: una seconda canna, che sarà usata solo per la gestione della sicurezza, ma che alimenta le perplessità della popolazione locale sulle reali intenzioni del Governo. Concause che certo non aiutano a vincere la sfida dell'opposizione No Tav.
Infine, la governance. «La natura di strumenti come l'Osservatorio sulla Torino-Lione – conclude Karrer – non è definita in maniera chiara. Si tratta di organismi che, pur con l'obiettivo della concertazione e della mediazione, così come accaduto anche per la variante di valico, finiscono con lo svolgere il ruolo di paramministrazione. Finendo con il perdere la fondamentale posizione di soggetto indipendente». (M. C. V.)