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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2012 alle ore 06:43.

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ROMA
L'internazionalizzazione premia i fatturati delle Pmi italiane. Con performance migliori rispetto a competitor come Germania, Regno Unito e Spagna. E opportunità soprattutto per chi sceglie la Cina. È il quadro che emerge dalla seconda edizione di "Focus Pmi", l'Osservatorio permanente di analisi sulle Pmi italiane, creato da LS Lexjus Sinacta (studio di oltre 150 avvocati e commercialisti con dieci sedi in Italia), in collaborazione con l'Istituto Guglielmo Tagliacarne, fondazione di Unioncamere.
Obiettivo del Focus Pmi 2012 è stato quello di presentare e analizzare i risultati della ricerca condotta dal Tagliacarne su caratteristiche e modalità con cui le imprese manifatturiere italiane accedono ai mercati esteri. La ricerca è stata presentata ieri al Tempio di Adriano di Roma, all'interno di un dibattito sviluppatosi intorno al tema «L'Italia tra crisi e opportunità. Le eccellenze delle Pmi strumento per sfide internazionali e leadership sui mercati», al quale hanno partecipato tra gli altri Vincenzo Boccia (vicepresidente di Confindustria e presidente Piccola Industria di Confindustria), Gianfranco Polillo (sottosegretario al ministero dell'Economia), Giancarlo Cremonesi (presidente Camera di Commercio di Roma), Alessandro Castellano (amministratore delegato Sace) Massimo D'Aiuto (ad e direttore generale di Simest).
L'indagine del Tagliacarne esamina un campione di 600 aziende manifatturiere italiane esportatrici o coinvolte in investimenti diretti esteri e ne ha analizzato strategie produttive e commerciali. Dalla ricerca emerge che l'internazionalizzazione garantisce un rendimento migliore rispetto a quello medio, con fatturati in crescita o stabili tra il 2010 e il 2011. Un'internazionalizzazione che passa non solo attraverso l'export, ma anche attraverso la creazione di una rete commerciale, distributiva e produttiva.
Nel panorama internazionale è la Cina il Paese a cui guardano con maggiore attenzione le nostre imprese manifatturiere. Diversi i fattori di attrattività che inducono a delocalizzare parte della produzione in Cina: non solo il minore costo e la maggiore flessibilità della forza lavoro cinese, ma anche la disponibilità di un gran numero di lavoratori con alta specializzazione.
La ricerca evidenzia anche i punti di forza delle nostre imprese sui mercati internazionali. Dalle interviste risulta che i principali fattori di successo sono la qualità dei prodotti e servizi offerti (84%); l'innovatività dei prodotti e servizi (37,7%); la competitività dei prezzi (27,3%). I processi di internazionalizzazione però richiedono investimenti e competenze oltre che consulenze. Tra i principali servizi di assistenza utilizzati dalle Pmi per operare sui mercati esteri: consulenza fiscale, tributaria e doganale, l'assistenza legale, la protezione di marchi e brevetti, la risoluzione di controversie, l'assicurazione contro il rischio di mancato pagamento dei clienti.
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I NUMERI

600
Le imprese manifatturiere
Sono quelle che costituiscono il campione analizzato dall'Istituto Tagliacarne. Si tratta di aziende esportatrici o coinvolte in investimenti diretti esteri. Di esse sono state analizzate strategie produttive e commerciali
43,1%
Aziende in crescita
Sono quelle del comparto meccanico con rapporti commerciali con la Cina che nel 2011 hanno registrato un aumento di fatturato

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