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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2012 alle ore 08:17.

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MILANO
I consulenti non ci stanno a fare di tutta un'erba un fascio. E nella crociata della spending review chiedono che si faccia una distinzione tra i professionisti del management consulting e tra chi, soprattutto nel mondo della pubblica amministrazione, spesso si fregia di un titolo tanto vago quanto occasionale.
«Possiamo essere una risorsa per il riscatto di questo paese – sintetizza Ezio Lattanzio, presidente di Assoconsult, federazione che raggruppa circa 500 imprese di consulenza italiane e dò lavoro a 33.800 addetti –, ma per fare questo occorre prima fare chiarezza. La consulenza non è solo una voce di spesa da tagliare: dove è bene utilizzata, produce ricchezza ed efficienza. Basti pensare che in Italia il settore viaggia ancora al di sotto delle sue potenzialità, con un'incidenza sul Pil, pari allo 0,20%, inferiore rispetto a quanto avviene in Germania, nel Regno Unito o in Spagna».
Situazione identica se si stringe l'obiettivo al rapporto con la pubblica amministrazione. «Contrariamente a quanto si pensi – prosegue il presidente di Assoconsult – anche in questo caso siamo di fronte ad un mercato molto più piccolo rispetto a quello tedesco, francese o inglese. Questo perchè la Pubblica amministrazione italiana spende molto in consulenza, ma il 90 per cento di questo denaro va a beneficio di persone fisiche: si tratta di spesso di microincarichi di dubbio valore. La fetta della consulenza qualificata, appaltata attraverso gare pubbliche trasparenti, è invece ancora piccola».
Nella corsa del Governo alla revisione della spesa, quindi, i consulenti raccomandano che «non si facciano tagli con l'accetta». La consulenza non deve essere umiliata dalla spending review, ma anzi, prosegue Ezio Lattanzio «può essere d'aiuto proprio ora che c'è la necessità di riorganizzare i processi e le strutture, nell'ottica di fotografare con esattezza i costi e ottimizzare le risorse». Infine, secondo Assoconsult, la consulenza può contribuire al recupero della competitività dell'intero sistema produttivo italiano. «In particolare – spiega Lattanzio, che guida anche la federazione europea del settore – può indirizzare le piccole e medie imprese italiane verso una nuova direzione, generando nuove soluzioni imprenditoriali, eliminando gli sprechi e ottimizzando l'esistente. Nelle nostre Pmi è diffusa una mentalità più artigianale che imprenditoriale, agile ma carente di alcune competenze. I tempi sono cambiati: le imprese non devono vendere solo prodotti, ma servizi, conoscenze e, soprattutto, la propria unicità e superiorità».
Il tema della consulenza come soggetto creatore di crescita (l'anno scorso le 500 imprese associate ad Assoconsult hanno generato tre miliardi di euro di fatturato, in linea con i dati 2010 ma in calo rispetto agli anni precedenti) e come partner per la ripresa del paese (a questo proposito Assoconsult ha inviato in questi giorni una lettera aperta al presidente del Consiglio Mario Monti) sarà al centro del dibattito durante gli Stati Generali del comparto, fissati per il prossimo 29 maggio. In quell'occasione verranno presentati i dati dell'Osservatorio 2011-2012 sulla consulenza.
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