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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2012 alle ore 13:49.

Il grande cantore del Mediterraneo Fernand Braudel diceva di Genova che la sua esistenza era legata al passo dei Giovi. La città, da sempre, è proiettata sul Mediterraneo ma attratta dal retroterra, tra il Far East e quello che lo storico chiamava "l'istmo tedesco". Per conquistare il futuro, Genova deve continuamente ritornare al passato. E con lei La Spezia e Savona. Un futuro che ciascuna delle tre Ligurie (il Levante, Genova, il Ponente) disegna per linee longitudinali.

La regione rimane un mosaico di territori addensati sui porti, complementari anzitutto ai sistemi d'oltre Appennino, poi alla città versiliese per La Spezia, che con Viareggio forma un grande distretto nautico, alla Provenza per il Ponente estremo, ricco di paesaggio e povero di industrie. La Liguria stava meglio ai tempi del triangolo industriale. Se Milano e Torino erano capitali fordiste, Genova lo era dell'industria pubblica. A Genova il fordismo è finito in anticipo, senza che il testimone dello sviluppo sia stato raccolto da una nuova leadership. Anche il porto rischiò d'implodere. Il mancato decollo di un'alleanza tra le metropoli del Nord-Ovest (il Ge-Mi-To, rimasto nei convegni e mai entrato nelle agende della politica) e del "Limonte", che prefigurava una partnership con Torino e il Piemonte, hanno sottratto alla Liguria un respiro d'area vasta. Pure restando ai margini del Nord, nei dieci anni precedenti la nuova grande crisi, Genova aveva però ritrovato una via dello sviluppo. Con il bacino di Voltri e la nuova governance portuale, Genova torna ai vertici della portualità mediterranea. L'industria pubblica sedimenta un nucleo di produzioni hi-tech con le imprese Finmeccanica (aerospazio, difesa e sicurezza, elettronica, energia, sistemi di trasporto ferroviari); resistono sedi di multinazionali come Piaggio Aereo Industries o Bombardier, nel Savonese. A Genova resta il quartier generale di Erg e nasce un gioiello del biomedicale, la Esaote di Carlo Castellano. È cresciuto un nucleo di imprese attive nelle nuove tecnologie, originate da spin off industriali e universitari. Genova ha investito risorse nella cultura e nel turismo.

Oggi la scommessa si chiama smart city: la città si è aggiudicata risorse per la mobilità sostenibile, la riqualificazione energetica, un incubatore per attività green economy.

Fuori dal capoluogo, il turismo e l'immobiliare turistico hanno garantito una base economica alle due riviere. Un turismo di famiglie e terza età, ma capace anche di valorizzare le Cinque Terre, ridare prospettiva ai borghi dell'entroterra ponentino, creare hub crocieristici a Savona. L'altro polo industriale è distribuito tra Savona e l'entroterra, con alcune imprese leader come Fresia, capofila dell'industria meccanica connessa con il Piemonte. La nautica della Spezia è strutturata intorno a brand come Riva-Ferretti, Intermarine, Perini Navi, e subfornitori artigiani di alta gamma, oggi messi a dura prova dalla crisi. Sul lato opposto, a Imperia, accanto al turismo, si vive soprattutto di trasformazione agroalimentare e florovivaismo. La pancia produttiva è fatta di servizi, con una prevalenza del commercio rispetto al terziario avanzato. Sono poco più di 9mila le imprese attive nell'industria. La Liguria ha pagato finora un dazio meno oneroso alla crisi. Ha risentito del calo dei traffici internazionali l'attività portuale ma l'economia regionale ha contenuto i danni pur con flessione occupazionale. Per la sua struttura produttiva, orientata al mercato interno e agli investimenti collettivi, la Liguria rischia però di soffrire in misura maggiore il calo dei consumi delle famiglie e la contrazione della domanda pubblica. Anche da qui gli interrogativi sul futuro industriale, a partire dal caso di Fincantieri.

L'ancoraggio rimane la portualità (e Genova ha ripreso nei primi tre mesi del 2012 la leadership nel Mediterraneo nel traffico di container). Per guardare al futuro la città ritorna al passo dei Giovi per trasferire i complessi retroportuali nell'area alessandrina. Ci sono ritardi, ma alcune opere hanno mosso i primi passi. Gli investimenti nelle banchine (come la piattaforma Maersk di Vado), i servizi ferroviari tra porto ed entroterra a Savona e La Spezia, lo spostamento delle attività doganali di Genova a Rivalta Scrivia, denotano vitalità. La portualità esige spazio in terraferma e corridoi intermodali. Una prospettiva che dovrà misurarsi, con capacità di dialogo, con sensibilità collettive meno disposte di ieri a basare il futuro su infrastrutture e trasporti.

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