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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2012 alle ore 16:21.

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Rischio fisco per l'industria alimentare. Non basta il successo del nostro food sui mercati internazionali per compensare i danni che arrecherebbero un nuovo pesante ritocco dell'Iva e l'istituzione di una food tax su bevande gassate e alcol. Ma anche la riforma del lavoro rischia di creare difficoltà al reclutamento dei lavoratori stagionali.

Tutti questi provvedimenti «potrebbero – osserva Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare – avere conseguenze sull'occupazione. Si rischia di rompere un giocattolo che ha mostrato di funzionare e di essere in grado di assorbire anche le difficoltà derivanti dal calo dei consumi: -8% negli ultimi quattro anni».

In Italia le 6.300 imprese alimentari impiegano 406mila addetti e realizzano un fatturato di 130 miliardi (stime 2012) con 23 miliardi di export (dato 2011). Nel 2011 il calo della produzione, in quantità, è stato dell'1,7% e per quest'anno si stima un -1,2 per cento. «L'industria alimentare – aggiunge Ferrua – non delocalizza, non ristruttura, non ricorre alla cassa integrazione: solo lo 0,6% del monte ore Cig del 2011 riguarda il settore. E spesso è l'unica industria vitale nel Mezzogiorno». Di fatto per la terza volta dal dopoguerra la produzione alimentare è calata. E per ottobre è in calendario un nuovo ritocco dell'Iva: due punti sulle aliquote del 10 e del 21% che produrrebbero un maggior aggravio per le famiglie di 3 miliardi. Secondo Federalimentare si colpirebbe fino al 14% del carrello della spesa. L'auspicio è che il Governo, nell'ambito della spending review, riesca a individuare le risorse necessarie a evitare il nuovo giro di vite Iva.

All'orizzonte ci sono anche altri nuvoloni: una è la food tax. L'ennesimo balzello che il ministro della Salute Renato Balduzzi è determinato a imporre sul cosiddetto cibo spazzatura in nome della lotta all'obesità; in realtà è un metodo grossolano per fare cassa e finanziare la sanità. La food tax scatterà con 2,5 centesimi per lattina e 0,5 euro per litro di superalcolico. Complessivamente la tassa anti-obesità porterà nelle casse dello Stato circa 270 milioni di euro. In Francia esiste una tassa analoga mentre in Danimarca grava sui grassi.

Rappresentanti del ministero e degli industriali dovranno presto incontrarsi per stabilire la riduzione di sodio, acidi grassi insaturi e zuccheri, per esempio, nei cereali, negli snack salati e nelle merendine. Tuttavia «le cattive abitudini alimentari – osserva Ferrua – si combattono a scuola e non con tasse odiose e controproducenti». Peraltro negli anni le imprese hanno già ridotto zuccheri, grassi, sale e acidi negli alimenti, Federalimentare e Miur conducono il programma "Scuola e cibo" e sono stati inoltre firmati vari protocolli di autoregolamentazione con diverse associazioni per limitare, a tutela dei bambini, la leva del marketing. E senza menzionare il codice etico sul tema di giovani e alcol.

In questo contesto difficile, con consumi in calo e inflazione nel carrello al 4,6%, l'unica certezza è l'export. Che anche quest'anno dovrebbe crescere di circa il 9% a 25 miliardi. Intanto Cibus, il salone internazionale dell'alimentazione che si svolgerà a Parma dal 7 al 10 maggio, ha fatto il pieno di espositori (2.300), con un balzo di quelli esteri. «Abbiamo incontrato resistenza da parte delle Regioni – osserva Antonio Cellie, ad di Fiere di Parma – in grande difficoltà sulla spesa per le promozioni, ma alla fine sono venute tutte. Mentre sul fronte estero, il successo del food italiano ha richiamato non solo i retailer tradizionali ma anche quelli dei Paesi emergenti».

Nella giornata inaugurale di Cibus si terrà l'assemblea annuale di Federalimentare con il titolo "Tornare a crescere". «Un momento di confronto – conclude Ferrua – anche con il governo: faremo una serie di proposte e sarà interessante sentire le risposte del ministro dello Sviluppo Corrado Passera».

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