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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2012 alle ore 07:15.

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ROMA - Non c'è solo il ruolo della Cassa depositi e prestiti nella strategia del governo per la banda larga. Dopo alcuni anni di oblio, tra scarso interesse sul tema e tavoli ministeriali rapidamente svaniti, la rete italiana per le telecomunicazioni del futuro diventa un tema centrale nell'agenda di politica industriale. L'esecutivo Monti si è lentamente avvicinato nel dettaglio ai punti chiave del dossier e ora ha praticamente composto il puzzle.

L'investimento del Fondo strategico italiano (Cassa depositi e prestiti) in Metroweb viene letto da più parti anche come una mossa per sollecitare una reazione di Telecom Italia e accelerarne il piano di investimenti. Ma c'è un disegno più ampio. Nell'immediato, utilizzando come veicolo il decreto "DigItalia" atteso per giugno-luglio, arriveranno misure a sostegno del settore come le semplificazioni per gli scavi e la posa di fibra ottica nonché l'accesso ai condomini per dotarli di banda ultralarga. Pronto poi il catasto del sottosuolo, una sorta di censimento di tutti i cavidotti che in molti casi consentirebbe di riutilizzare infrastrutture senza rifare gli scavi. Il pacchetto di facilitazioni normative si aggiungerebbe a interventi analoghi adottati nel passato ma giudicati ancora insufficienti dai principali player del settore. In esame, e con una certa attenzione, anche nuovi incentivi per la domanda, in particolare per l'acquisto di collegamenti internet veloci: sul punto c'è una disponibilità di massima dello Sviluppo economico anche se l'ultima parola dovrà essere del viceministro all'Economia Vittorio Grilli.

Al di là dei singoli interventi, comunque, resta intenso il lavoro condotto dal premier Mario Monti e dal ministro per le Politiche comunitarie Enzo Moavero per ottenere almeno la parziale esenzione degli investimenti per la banda larga dal deficit nazionale e dal fiscal compact. Non è un dettaglio: il sì europeo, infatti, consentirebbe di impiegare risorse nazionali come cofinanziamento del «Connecting Europe Facility», il maxi-fondo europeo sulle infrastrutture da 50 miliardi di cui 9,2 destinati a investimenti in reti a banda larga veloci e ultraveloci e in servizi digitali.
Si lavora a pieno ritmo intanto per definire gli interventi nelle aree a «fallimento di mercato», quelle cioè nelle quali né Telecom Italia né Metroweb né altri operatori interverrebbero in modo spontaneo. Il vertice che si è svolto venerdì scorso al ministero dello Sviluppo economico (si veda Il Sole 24 Ore di domenica) ha messo nero su bianco la strategia del doppio binario: la società pubblica Infratel si occuperà dei collegamenti tra la centrale e le dorsali, mentre per l'accesso si sperimenterà il modello scozzese in base al quale il governo pubblicherà dei bandi di gara per finanziare direttamente gli operatori a integrazione del mancato o ritardato recupero degli investimenti.

Nel progetto che sta prendendo forma allo Sviluppo economico i distretti industriali avranno una sorta di corsia preferenziale nell'utilizzo delle risorse europee recuperate dal "piano di coesione". La fibra ottica sarà la tecnologia di riferimento, ma dovrà esserci complessivamente un mix di infrastrutture che tenga conto anche delle potenzialità della banda larga mobile nella versione dell'Lte. Ad ogni modo l'intenzione è quella di accelerare. Le slide esaminate negli ultimi mesi nei vari incontri della cabina di regia sull'Agenda digitale sono preoccupanti e la realizzazione di un'infrastruttura adeguata viene giudicata dal governo un passo indispensabile per recuperare terreno nella diffusione dei servizi digitali. Bruxelles punta a mettere "online" l'85% della popolazione entro il 2015, l'Italia per ora è ferma al 51% contro il 68% della Ue a 27.

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