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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2012 alle ore 06:43.

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Con quattro voti di fiducia in meno di ventiquattrore il Senato approva la riforma del mercato del lavoro (231 sì e 33 no) che dalla prossima settimana sarà all'esame della Camera. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, presente nell'Aula di palazzo Madama per il voto, ha tenuto a sottolineare l'importanza di un testo a lungo meditato non per cercare il plauso delle categorie ma per il futuro occupazionale delle generazioni più giovani: «È una riforma di profonda struttura – ha dichiarato – che è stata, come è normale, accompagnata da dibattiti intensi e da diverse prese di posizione ma il governo deve guardare anche alle valutazioni positive degli organismi imparziali» come l'Ue, l'Ocse, il Fondo monetario. Soddisfatto anche il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, secondo la quale la riforma «è un tassello di un disegno più ampio» che punta a rilanciare la crescita, mentre con le nuove regole anche sul fronte dei licenziamenti l'Italia si è avvicinata agli «standard europei».

Tra i capigruppo della maggioranza, dopo le votazioni, c'è stato uno scambio di complimenti reciproci per il buon esito di un esame durato poco meno di due mesi ma non sono mancate le critiche, come quelle dell'ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che non ha partecipato alle votazioni e ha accusato l'Esecutivo di essersi piegato ai «veti della Cgil»; critiche che si saldano a quelle, fatte con opposte motivazioni, dell'Italia dei Valori e della Lega. Ora resta da affrontare il passaggio a Montecitorio, che il Governo auspica il più veloce possibile anche se un altro ex ministro del Lavoro come Cesare Damiano ha già messo le mani avanti: «non sarebbero accettabili blindature».

E dalla Cgil, Susanna Camusso, avverte: «riproporremmo alla Camera come abbiamo fatto al Senato la necessità di modifiche al Ddl, il cui giudizio nel complesso non è certo positivo». Un disco rosso che incontra però qualche distinguo: per Giorgio Santini (Cisl) l'ok alla riforma «è un fatto positivo». Si vedrà nei prossimi giorni la piega che prenderà il confronto in Commissione ma sembra già certo che il testo non arriverà all'Aula di Montecitorio prima di luglio, visto che la conferenza dei capigruppo non ha voluto modificare il calendario dei lavori di giugno.

Passando alle novità licenziate ieri spiccano le modifiche al contratto a tempo determinato. Viene raddoppiata (da 6 a 12 mesi) la durata del primo contratto con la possibilità per l'impresa di omettere la causale. E i contratti collettivi potranno prevedere, in alternativa a questi 12 mesi, una "franchigia oggettiva" nei casi di specifici processi organizzativi (come: start up, lancio di un nuovo prodotto, rilevante cambiamento tecnologico, progetto di Ricerca e Sviluppo, proroga di una commessa) nel limite del 6% dei lavoratori occupati nell'unità produttiva. L'avvio di un lavoro a chiamata potrà avvenire con un sms. La stretta sulle partite Iva si allenta (si considerano "vere" quelle, in particolare, che superano i 18mila euro di reddito annuo lordo); mentre per i co.co.pro. arriva il c.d. salario base e, in via sperimentale, per tre anni, viene rafforzata l'indennità una tantum in caso di perdita del lavoro (si potrà percepire fino a 6mila euro se si lavora tra i sei mesi e un anno).

Sul fronte invece dei licenziamenti cambia l'articolo 18, con l'arrivo della conciliazione obbligatoria per i licenziamenti economici individuali (che non potrà più essere stoppata da una "finta" malattia del lavoratore). L'eventuale reintegra poi per i licenziamenti disciplinari (annullati dal giudice perché ingiustificati o illegittimi) dovrà essere decisa sulla base delle "tipizzazioni" dei contratti collettivi (e non più quindi dalla legge). Modifiche in arrivo anche sul fronte degli ammortizzatori, con l'introduzione della nuova Assicurazione sociale per l'impiego (l'Aspi, che dal 2017 sostituirà l'indennità di mobilità e le varie indennità di disoccupazione).

Ci sarà poi la possibilità, in via sperimentale dal 2013 al 2015, di prendere tutto insieme il sussidio per avviare un lavoro autonomo. E per i disoccupati scatterà la perdita dell'indennità se non accettano un'offerta di lavoro con retribuzione superiore almeno del 20%. Il bonus produttività viene confermato a regime dal 2012 e viene assegnata al Governo una delega per introdurre la c.d. compartecipazione dei dipendenti agli utili dell'impresa.

Viene poi ripristinata la gratuità del ticket per i disoccupati (e i loro familiari); mentre sul fronte delle coperture la deduzione Irpef sugli affitti fuori dalla cedolare secca del 20% scende dal 15% al 5% (non più al 7%, dopo lo stop della Ragioneria dello Stato). E sull'apprendimento permanente arriveranno linee guida ad hoc concordate tra Stato e Regioni per arrivare a «una dorsale informativa unica» mediante l'interoperabilità della banche dati centrali e territoriali esistenti.

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