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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2012 alle ore 08:12.

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MILANO
Il distretto dei videogiochi di Varese rischia l'estinzione, travolto dalla messa in liquidazione della sua minuscola "Fiat" del digitale, la Leader Spa di Gazzada Schianno, storica azienda di distribuzione di videogame in scatola. In bilico tutti i 44 addetti rimasti – solo un anno fa erano il doppio – con un indotto stimabile in 100 milioni di euro, oltre 3mila partite Iva-clienti in tutta Italia e grandi aziende da rifornire, almeno fino a qualche tempo fa, come Mediamarket, Auchan e Gamestop.
Il gruppo, nato negli anni Ottanta, raggiunse nel 2004 il suo massimo splendore con un fatturato di 90 milioni e un portafoglio con brand del calibro di Ubisoft, Sony, Activision ed Electronic Arts. Quest'ultima, proprio in quegli anni, viene strappata a una concorrente dalla sorte sfortunata, la Cto di Zola Predosa (Bologna), quotata nel 2000 a Piazza Affari e poi dichiarata fallita nel 2004, famosa per distribuire e localizzare in italiano i prodotti della LucasArts e bestseller come l'epopea di Monkey Island.
Il collasso della Leader è il racconto di un paradigma industriale che non resiste al mutare delle cose e alla prova del tempo. Come la musica e i film, anche i videogiochi viaggiano sempre meno su supporto fisico e sono scaricati sempre di più online nei grandi negozi virtuali, da quello della Apple al market place di Google, dal Playstation store a una piattaforma come Steam. Oggi cercare di piazzare videogiochi in scatola, soprattutto per Pc, è un po' come vendere vinili o Vhs: si parla di un mercato in via di estinzione anche se esistono ancora nicchie di videogamer vintage che potrebbero essere considerate un target.
Gli ultimi dati finanziari disponibili della Leader sono quelli che risalgono a un anno fa – quando fu firmata la cassa integrazione per ottanta persone – e parlano di 74 milioni di ricavi, costi della produzione per 80 milioni, un passivo di 54 milioni, un attivo di 62 e un patrimonio proprio di 6 milioni. Numeri che, a quanto si apprende, negli ultimi mesi sono letteralmente colati a picco, con un rosso e una capacità di rimborso dei debiti sempre più compromessa. L'azienda ha avanzato infatti al Tribunale di Varese la proposta di concordato preventivo, sulla quale sta spingendo molto anche il sindacato.
«Ora il rischio è quello di perdere gli ammortizzatori sociali – spiega Angela Marra della Filcams Cgil di Varese – e siamo appesi alla decisione del Tribunale mentre l'azienda è in ritardo di due mensilità con il pagamento degli stipendi». Ma se la Leader Spa è la bad company delle scatole di cartone, Milestone è invece il suo "braccio" buono legato al publishing e allo sviluppo di videogiochi made in Italy, nel quale sono stati trasferiti dieci addetti: «Una realtà che macina buoni risultati e che è in crescita», racconta Virgilio Bixio, il fondatore del gruppo di Gazzada Schianno. L'imprenditore sostiene anche di essere «molto positivo sulla possibilità che il concordato preventivo venga accettato dopo la valutazione dell'assemblea dei creditori». Dal punto di vista commerciale una delle etichetta con la quale Milestone pubblica i suoi videogiochi, soprattutto simulazioni di rally e moto, è Black Bean «ma stiamo decidendo se puntare tutto sul brand Milestone».
Il prossimo appuntamento è dopodomani, quando azienda e sindacati si incontreranno ancora, dopo la fumata nera di venerdì scorso. Si dovrà decidere, in sostanza, il futuro degli ultimi lavoratori rimasti, tra prolungamento della cassa integrazione e mobilità. Il dato industriale è però che un marchio storico dei videogiochi italiani è sul punto di scomparire, schiacciato dalle perdite e da un modello di business inevitabilmente destinato a tramontare. Come cd, vecchi televisori con il tubo catodico o le vecchie cassette del mangianastri con le quali, ai tempi del Commodore 64 e dello Spectrum, tra uno stridìo e l'altro, si "caricavano" videogiochi che oggi sono archeologia.
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