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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2012 alle ore 08:13.

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MILANO
Mancanza di conoscenza e gestione da riordinare. Salvatore Barba dell'Ingv lo dice chiaramente: «Il tema dei terremoti è stato affrontato in modo confusionario». Nonostante la mappa delle faglie e la magnitudo massima delle sorgenti sismogenetiche parli chiaro. «È il momento di riunire attorno a un tavolo i diversi attori interessati per individuare priorità e realizzare un piano di prevenzione per l'Italia», continua lo studioso. Dal 12 aprile intanto va avanti l'indagine della commissione Ambiente che dovrebbe terminare entro la fine di ottobre.
Ma partendo dalla conoscenza del territorio e dai rischi, da nord a sud l'Italia appare percorsa da faglie. Nella parte settentrionale ci sono 2 sovrascorrimenti tra Lombardia e Trentino. Uno interno sotto Bergamo, Brescia che arriva a Trento. E poi ce n'è uno esterno a Sud che passa dal lago di Garda e arriva sotto Milano. «I sovrascorrimenti – spiega Barba – sono le pieghe formate dalle catene montuose e li ritroviamo sia ai piedi delle Alpi, sia davanti agli Appennini». Sempre al Nord c'è il thrust delle Alpi orientali e sud orientali che interessa il Veneto e il Friuli. Se ne vede uno tra Alessandria e Parma e poi tra Parma e Ferrara che continua fino a Ravenna. Poi ce ne sono altri verso sud est sotto Bologna. Buona parte della costa adriatica, da Rimini ad Ancona fino ad arrivare a Pescara in Abruzzo è interessata da sovrascorrimenti che «danno terremoti complessivi. Questo significa che c'è un piano che sale sopra l'altro e il materiale viene schiacciato – spiega Barba –. Nel caso dell'ultimo evento sismico nella pianura padana questo schiacciamento ha fatto sì che l'acqua delle falde acquifere arrivasse in superficie fluidificando il terreno».
Continuando a scendere nella mappa si vedono le faglie della Lunigiana e della Garfagnana dove ci fu un terremoto distruttivo negli anni '20. Si prosegue con la fascia che passa per il Mugello e Citta di Castello, poi per Perugia. L'Umbria è stata teatro di terremoti nel 1997. Nell'Appennino le fasce si fanno sempre più complesse, fino ad arrivare all'Aquila. Verso est c'è una fascia che passa per Gubbio e Col Fiorito e si congiunge con Campotosto, proseguendo in Abruzzo dove ci sono 3 fasce di deformazione estensionali. Le faglie continuano in Campania, Irpinia, Val d'Agri fino al Pollino. Tra le regioni che hanno numerose faglie c'è la Calabria. Infine la Sicilia con le faglie nella zona di Augusta e nella piana di Catania verso il Belice dove «si ricorda un terremoto distruttivo nel 1968 in cui un'intera città, Gibellina fu distrutta». Mano a mano che si scende diminuiscono i dati. Non perché non ce ne siano ma perché, dice Barba, «ci sono state meno esplorazioni petrolifere, fonti di dati molto importanti, e meno progetti statali per studiare queste aree».
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