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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2012 alle ore 10:20.

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Due milioni di veicoli prodotti all'anno: incrociando le dita, nel 2012 il traguardo sarà finalmente superato. Se non è accaduto prima è stato per via di Fukushima (con il blocco dei componenti provenienti dal Giappone) e poi delle inondazioni che hanno bloccato molte fabbriche. Ma ora si lavora a pieno ritmo: circa 200mila unità al mese tra vetture e pick up, di cui la Thailandia è primo produttore mondiale.
È un numero importante perché aiuta a consolidare il primato industriale più importante del Paese che è oggi il principale polo produttivo dell'auto sul mercato comune dell'Asean (e il terzo in Asia) con la sua Detroit (ma con molte fabbriche nuove di zecca) che nello specifico si chiama Rayong, localizzata sul mare, 200 chilometri a Sud-Est di Bangkok.

L'Indonesia segue a distanza, la Malesia sconta il grave errore di aver protetto i suoi improbabili campioni nazionali delle quattro ruote (Proton e Perodua) per troppo tempo, le Filippine appaiono per ora tagliate fuori e anche per il Vietnam, forse, è troppo tardi. La Thailandia invece ha fatto le cose giuste al momento giusto abbassando i dazi e promuovendo l'insediamento di centinaia di aziende di componentistica (straniere ma anche locali) che sono la chiave di volta per garantire un polo automobilistico di levatura mondiale. I maggiori costruttori giapponesi, che come tutti hanno bisogno di abbassare i costi, hanno accettato in massa l'invito: Toyota e Isuzu (pick up) largamente in testa seguiti a distanza da Nissan, Mitsubishi, Mazda.

Tra gli inseguitori anche Ford, che ora sta costruendo un grande stabilimento di motori (250mila pezzi anno) a Rayong, e Chrysler. L'Europa, tranne un (per ora) trascurabile assemblaggio Bmw, non c'è. E l'Italia? L'Asia è notoriamente l'anello debole di Fiat Auto e per i nostri componentisti entrare nel cerchio chiuso dei subfornitori dell'auto nipponici non è facile, ma ci sono eccezioni.
Faber, leader mondiale per i serbatoi delle auto a metano sta aprendo un nuovo stabilimento che fornirà l'intero mercato asiatico, inclusi tutti i maggiori costruttori giapponesi. Thailandia e mercato Asean dovrebbero essere la porta d'ingresso in Asia nel mercato contiguo delle due ruote, anche per Ducati che ha recentemente aperto un piccolo piccolo stabilimento che attualmente produce una quindicina di moto al giorno.

Il punto di pareggio dovrebbe essere attorno alle ottomila unità all'anno. In questo caso la sfida, se il business plan sarà confermato dai nuovi proprietari (Audi) che stanno valutando anche il mercato cinese, è di creare un nuovo segmento, quello delle moto di elevate prestazioni, che finora era riservato alle importazioni. Per raggiungerlo possono fare leva su un indiscusso prestigio mondiale che in Asia conta più che altrove. Tanto che a Rayong, dove si guarda lontano, c'è già chi alza la posta. La domanda agli italiani che si presentano è: quando arriva la Ferrari?

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