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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2012 alle ore 12:38.

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La birra Corona a InBev Acquisizione da 20 miliardi (Ap/Lapresse)La birra Corona a InBev Acquisizione da 20 miliardi (Ap/Lapresse)

L'M&A internazionale riparte da una maxioperazione da oltre 20 miliardi di dollari che promette di rilanciare la spinta alle aggregazioni societarie nel settore del largo consumo. Protagonista è una birra amata in tutto il mondo: la messicana Corona, che entra a pieno titolo nella grande famiglia che comprende Budweiser, Stella Artois, Bass e Beck's.

Il primo gruppo birrario mondiale, Anheuser-Busch InBev, ha raggiunto l'accordo per rilevare la metà circa che non possedeva nel capitale di Grupo Modelo – principale produttore messicano – per 20,1 miliardi di dollari (9,15 dollari per azione) in contanti: consoliderà così la sua leadership mondiale moltiplicando il giro d'affari annuale a 47 miliardi di dollari, con 150mila dipendenti e attività in 24 Paesi; con il vantaggio ulteriore di rafforzare la sua proiezione sui mercati emergenti in un momento in cui in vari Paesi avanzati la crisi economica sta incidendo sui consumi relativamente voluttuari.
Le famiglie messicane proprietarie (advisor Morgan Stanley) hanno accettato un premio del 30% sulla chiusura di venerdì scorso poco prima che uscissero le anticipazioni sulla maxifusione in arrivo: un atteggiamento opposto al l'asprezza con cui avevano accolto l'ingresso nel capitale Modelo di InBev in seguito al colossale merger da 52 miliardi di dollari con cui il gruppo belga conquistò Anheuser-Busch quattro anni fa. In effetti il prezzo pagato è apparso piuttosto alto a vari analisti, che comunque in maggioranza hanno applaudito la valenza strategica della fusione. Qualche critica non manca: gli analisti di Ing avvertono che, almeno sul breve termine, l'accordo potrebbe portare qualche delusione per i multipli alti pagati (oltre 15 volte ll'Ebitda), le non eccelse sinergie attese sui costi (per 600 milioni di dollari in 4 anni) e l'effetto diluitivo sulle potenzialità reddituali derivante dallo "scorporo" di una importante società distributiva. In una intesa parallela, infatti, il gigante americano dei vini Constellation Brands pagherà 1,85 miliardi di dollari per salire al 100% in Crown Imports, a sua'attuale joint venture paritaria con il Grupo Modelo che ne commercializza i prodotti negli Stati Uniti: una soluzione per scansare sicuri problemi di Antitrust. Constellation Brands, a parte, ha anche annunciato la conquista del marchio più venduto di pinot noir negli Usa, Mark West, per circa 160 milioni di dollari: due intese che hanno fatto balzare di oltre il 20% il suo titolo in Borsa, in contemporanea all' annuncio di un aumento degli utili per azione trimestrali nonostante un leggero calo complessivo di utili e ricavi.

Ieri anche le azioni di AB InBev hanno registrati progressi (+3,9%) snobbando l'assunzione di 14 miliardi di dollari di nuovo debito bancario per finanziare una maxioperazione (in cui ha avuto come principale advisor Lazard) che segue di poche settimane la conquista per oltre 1,2 miliardi di dollari di Cerveceria Nacional Dominicana. Non pochi osservatori ritengono che il gruppo non ci metterà molto a "digerire" la Corona per lanciarsi in ulteriori tentativi di espansione per linee esterne: c'è persino chi ipotizza nel suo futuro mirino il numero due mondiale, SabMiller (che solo l'anno scorso ha rilevato Foster's per 11,8 miliardi di dollari), a meno che non voglia procedere a una relativa diversificazione cercando di inglobare il settore bevande della PepsiCo.

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