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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2012 alle ore 08:14.

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MILANO
Come era prevedibile la Fiat ha deciso di impugnare la decisione del Tribunale di Roma che obbliga il gruppo automobilistico ad assumere 145 lavoratori iscritti alla Cgil nello stabilimento di Pomigliano d'Arco, alle porte di Napoli. Ma soprattutto ne chiederà la sospensione per evitare «un danno irreparabile» all'azienda.
L'annuncio è arrivato nella serata di sabato, in una nota in cui Fabbrica Italia Pomigliano (FIP, la newco costituita da Sergio Marchionne dopo la stipula del nuovo contratto ad hoc non firmato da Fiom e fuori dal perimetro di Federmeccanica) si dice «fermamente convinta che l'esecuzione dell'ordinanza arrecherebbe un danno irreparabile all'attuale contesto lavorativo in FIP».
Per questo motivo, dunque,nel presentare il ricorso alla Corte d'Appello, Fiat chiederà anche «di sospendere l'esecuzione dell'ordine di assumere 145 persone, attuali dipendenti di Fiat Group Automobiles solo perché in un certo momento iscritte alla Fiom».
Secondo Fiat, infatti, assumere le 145 persone «causerebbe gravi distorsioni nell'attuale contesto operativo di FIP» che oggi ha un numero di dipendenti «più che adeguato a far fronte alle attuali esigenze di mercato». Senza giri di parole, l'azienda afferma che se la sentenza non dovesse essere sospesa, su tutti i dipendenti di Pomigliano graverebbe la minaccia della Cig o addirittura della mobilità. «Qualsiasi ulteriore assunzione - si legge infatti nella nota - comporterebbe il contemporaneo ricorso alla cassa integrazione se non a procedure di mobilità, nel caso in cui la cassa integrazione non fosse disponibile, per un numero di dipendenti corrispondente a quello dei nuovi assunti, inclusi probabilmente alcuni provenienti dal gruppo dei 145».
Mentre Antonio di Pietro (IDV) parla di «modi banditeschi» e di «ennesimo atto di arroganza nei confronti dei lavoratori», la reazione della Fiom è affidata al responsabile Auto, Giorgio Airaudo: «Mi sembra che la Fiat non possa essere extraterritoriale. Non può prima creare il guaio discriminando e poi dire che la riparazione al guaio che ha creato determina problemi insormontabili. Non esiste l'immunità, neanche per le imprese. La Costituzione e le leggi europee non si possono fermare ai cancelli degli stabilimenti».
Il 21 giugno il giudice Anna Baroncini, sulla base di una direttiva europea recepita nell'ordinamento italiano, aveva emesso una sentenza che riconosce la «discriminazione collettiva derivante dall'esclusione dalle assunzioni dei lavoratori dello stabilimento di Pomigliano iscritti alla Fiom», evidenziando il rischio dell'introduzione di una «teorizzazione della legittimità della discriminazione per motivi sindacali» da parte di Fiat.
Nel vecchio stabilimento di Pomigliano lavoravano più di 4mila persone. Con la costituzione di Fabbrica Italia e il nuovo contratto, Fiat ha stabilito che il trasferimento dalla vecchia società alla nuova sarebbe avvenuto attraverso il licenziamento e la cassa integrazione, prima della graduale assunzione in Fabbrica Italia che oggi ha 2.071 dipendenti. Gli altri sono ancora in cassa integrazione e, se le vendite della Panda non richiederanno un aumento della produzione, rischiano di restare senza lavoro.
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LA VICENDA

15 giugno 2010
La Fiat sigla con Fim, Uilm, Fismic e Ugl, un accordo per produrre la Nuova Panda nello stabilimento Giambattista Vico di Pomigliano d'Arco. Non lo sottoscrive, invece, la Fiom.
18 aprile 2011
Fiom presenta il ricorso contro l'accordo sostenendo che la newco serve ad aggirare le leggi italiane ed europee sul trasferimento di impresa che prevedono la continuità dei contratti. Un altro ricorso viene presentato dopo le assunzioni in Fabbica Italia Pomigliano in cui non ci sono iscritti alla Fiom-Cgil.
21 giugno 2012
Il Tribunale di Roma condanna Fiat ad assumere a Pomigliano 145 lavoratori iscritti alla Fiom

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