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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2012 alle ore 06:43.
MILANO
Per Parmalat Italia arriva la cura francese: l'obiettivo è chiudere «prima possibile» tre stabilimenti e razionalizzare le attività a Collecchio. In tutto si tratta di 120 esuberi di cui poco più della metà (63) a Genova dove l'azienda ormai targata Lactalis ha deciso di chiudere la Centrale del Latte. Gli altri due stabilimenti sono quello di Como che conta nove dipendenti e lo stabilimento Carnini di Cilavegna, in provincia di Pavia, che occupa una ventina di persone. Con i 30 esuberi dovuti agli interventi a Collecchio, la riduzione del personale è del 5,8% sul totale dei dipendenti in Italia.
La nuova proprietà di Parmalat non vuole definire "piano industriale" il pacchetto presentato al ministero dello Sviluppo la scorsa settimana e illustrato più in dettaglio ieri ai sindacati in un incontro all'Unione industriale di Parma. E in effetti, ad un anno dall'Opa da parte del colosso francese, ci si poteva forse aspettare qualcosina di più. Anche in termini di investimenti, visto che il programma annunciato da Lactalis al ministero e ai sindacati è di investire 60 milioni da distribuire, in un anno, sui nove stabilimenti italiani che resteranno dopo la chiusura di Genova, Como e Pavia. Tanto più che nelle casse di Parmalat i francesi hanno trovato liquidità per 1,45 miliardi di euro.
È vero che l'azienda, come sottolinea un portavoce, ha intenzione di proseguire gli investimenti anche negli anni successivi, ma precisa: «Se saranno necessari per migliorare l'efficienza degli impianti». Quindi nessun impegno che vada oltre la metà del 2013. Almeno per ora. «E potrebbero essere anche di meno» sostiene Mauro Macchiesi, segretario nazionale della Flai-Cgil che ha partecipato all'incontro di ieri pomeriggio e ha definito il «piano lacunoso e insufficiente non risolve i problemi di Parmalat in Italia».
La replica dei sindacati è stata immediata ma forse anche un po' timida: 2 ore di sciopero unitario da effettuare entro il 23 luglio prossimo in tutti gli stabilimenti italiani, prima cioè del prossimo incontro con l'azienda fissato per il 24 luglio.
Secondo l'azienda, le chiusure, le razionalizzazioni e gli investimenti sugli impianti sono «indispensabili e urgenti per recuperare produttività», in un contesto economico in cui il consumo del latte in Italia è in costante calo (-1,6% l'anno scorso, 15 punti percentuali negli ultimi cinque anni), il costo della materia prima è in aumento e nelle scelte dei consumatori il prezzo del prodotto diventa sempre più importante.
L'azienda batte il tasto sul fatto che, negli anni scorsi, gli investimenti sugli stabilimenti italiani erano stati molto contenuti e gli impianti, dunque, hanno bisogno di interventi per recuperare efficienza e produttività. Le chiusure dei tre stabilimenti previste non comporteranno riduzioni dei volumi. Le produzioni, infatti, saranno trasferite in altri stabilimenti. Lobiettivo dichiarato da Lactalis, infatti, è di mantenere costante se non aumentare la quantità di latte prodotta in Italia, ma è essenziale ridurre i costi. I tre stabilimenti – sottolineano fonti aziendali – servono mercati cittadini che potranno essere riforniti da altri siti del gruppo.
Ad una parte dei dipendenti interessati dal piano sarà proposto il trasferimento negli altri stabilimenti del gruppo, nei limiti della capacità di riassorbimento. Per altri saranno attivati programmi di ricollocamento professionale ma per una parte sarà inesorabile l'uscita dal gruppo.
Nel 2011 Parmalat aveva 2.042 dipendenti nei dodici stabilimenti italiani, distribuiti dalla Lombardia alla Sicilia. Nel latte a lunga conservazione aveva una quota di mercato del 33,8% e in quello pastorizzato quasi un quarto. Considerando anche la panna Uht, gli yogurt e i succhi di frutta Santal ha realizzato un fatturato complessivo di 978,6 milioni di euro (+1,6%).
Intanto Lactalis continua a riorganizzare anche la struttura italiana. Da lunedì scorso Luigi del Monaco è il direttore generale della business unit Italia che era stata affidata ad interim al dg del gruppo, Antonio Vanoli. Del Monaco conosce bene il gruppo Lactalis: fino al 2006 ha lavorato in Galbani, poi è passato alle attività europee del gruppo francese occupandosi dei rapporti con la grande distribuzione.
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L'OPA E LE PROMESSE
L'Opa su Collecchio
L'8 luglio 2011 il gruppo francese Lactalis chiude l'Opa su Parmalat, arrivando all'83% dell'azienda. Nel prospetto dell'Opa Lactalis annuncia la possibilità «di far confluire in Parmalat le proprie attività nel settore del latte confezionato», creando «un campione di rilevanza mondiale con sede, organizzazione e testa in Italia».