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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2012 alle ore 06:43.

PARIGI - Il necessario rigore nella gestione dei conti pubblici francesi riuscirà là dove hanno fallito i No Tav della Val di Susa? L'ipotesi che la Francia abbandoni la realizzazione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Lione-Torino è tutt'altro che improbabile. Già lo scorso 3 luglio il ministro dei Trasporti Frédéric Cuvillier aveva annunciato la decisione di nominare una commissione incaricata di redigere una gerarchia del programma di nuove linee ad alta velocità varato nel 2010 dal predecessore Jean-Louis Borloo: 14 tratte (circa 2mila chilometri) da realizzare in 15 anni per un investimento complessivo di 245 miliardi, nel frattempo già salito a 260.
E nella tarda serata di mercoledì sono arrivate le dichiarazioni del ministro del Bilancio Jérome Cahuzac a raffreddare i facili entusiasmi di chi pensava che i grandi progetti infrastrutturali potessero passare indenni attraverso le maglie dell'austerità. «Bisognerà sfrondare i progetti – ha detto Cahuzac – e concentrarci sulla manutenzione e l'ammodernamento della rete esistente». Si tratterebbe insomma di cancellare tutti i progetti eccessivamente costosi, che non consentono forti riduzioni nei tempi di percorrenza, che non rispondono a esigenze oggettive di intasamento delle linee attuali e che non permettono la vendita di biglietti a prezzi sufficienti a ripagare gli investimenti in tempi sufficientemente rapidi. A meno che, sostengono al ministero dei Trasporti, non arrivino finanziamenti europei aggiuntivi.
Sarebbero ovviamente confermate le linee la cui costruzione è già iniziata: il collegamento Tours-Bordeaux (operazione da 7 miliardi), il prolungamento del Tgv Est tra Metz e Strasburgo, la tratta Nimes-Montpellier e quella tra Le Mans e Rennes. Sembra destinato a salvarsi il collegamento tra Bordeaux e Tolosa, mentre sarebbero già nella lista nera quello tra Marsiglia e Nizza, quello da Bordeaux verso la Spagna. Una lista nella quale potrebbe appunto entrare la Lione-Torino. Magari con una decisione di rinvio, di sospensione temporanea. D'altronde molti esperti francesi fanno notare da mesi che il costo è molto alto (tra gli 11 e i 12 miliardi la quota francese) e che il traffico merci sulla linea è passato dagli 11 milioni di tonnellate di vent'anni fa ai 4 del 2011.
Dai due ministeri, Bilancio e Trasporti, sottolineano che nulla è ancora deciso e che la scelte finali verranno fatte solo una volta conclusi i lavori della commissione, la quale dovrebbe consegnare il suo rapporto a fine anno. Ma è possibile immaginare che il progetto venga messo in stand-by nel momento in cui il Governo sta preparando una Finanziaria 2013 da oltre 30 miliardi per rispettare l'obiettivo programmato di un deficit al 3% del Pil. E quando le emergenze, quindi le priorità, sembrano essere ben altre. Tanto più che la stessa Rff (la società pubblica che gestisce la rete ferroviaria) è impegnata in un oneroso piano d'investimento (da 13 miliardi in 7 anni) per il miglioramento della rete esistente e da tempo preme sul Governo perché eventuali nuove risorse vengano destinate ai collegamenti regionali (di cui i pendolari lamentano le disfunzioni e l'inadeguatezza) piuttosto che alle nuove linee ad alta velocità. Molto costose e spesso senza reali prospettive rispetto alla concorrenza dei collegamenti aerei low cost.
La portavoce di Cahuzac ha spiegato ieri sera che il lavoro di analisi dei progetti è molto più ampio rispetto al solo settore dei trasporti, riguarda tutti gli investimenti pubblici, per valutarne la coerenza e i costi (spesso sottostimati), chiarendo che il ministro non ha mai citato un progetto specifico. Cuvillier, dal canto suo, ha insistito sul fatto che «è necessaria una riflessione sui costi, sull'utilità, sull'efficacia, per capire se davvero è necessario moltiplicare le linee ad alta velocità quando c'è bisogno di alzare la qualità dell'offerta esistente».
Sul versante italiano, il Governo ridimensiona le notizie che arrivano dalla Francia. «La Torino-Lione – spiega Mario Virano, commissario incaricato dall'Esecutivo e presidente dell'Osservatorio tecnico – si compone di una tratta internazionale, che è la sezione transfrontaliera, e due parti nazionali, una in Italia e una in Francia. Sulla sezione transfrontaliera non ci sono ripensamenti di alcun tipo, ma anzi appena pochi giorni fa il presidente Hollande ha ribadito al premier Monti la ferma volontà di rispettare gli impegni assunti nel trattato firmato il 30 gennaio scorso fra i due Stati». Analoghe le considerazioni di Paolo Balistreri, segretario generale di Confindustria Piemonte e coordinatore tecnico di Transpadana: «Oltre alle rassicurazioni di Hollande, la tratta internazionale fa parte dell'accordo intergovernativo sottoscritto tra i due Paesi a inizio anno 2012 e in corso di ratifica dai due parlamenti. Non vi è alcun cenno alla Torino-Lione nel programma di riduzione degli investimenti francese». L'Eliseo starebbe valutando, secondo Virano, l'opportunità di procedere per fasi sulla propria tratta nazionale della linea, per abbattere e diluire i costi: in ballo ci sono circa 12 miliardi. «Il Governo d'Oltralpe - spiega Virano – sta verificando la possibilità di realizzare per step successivi la tratta di propria, esclusiva, competenza, avviando così la stessa operazione già condotta da noi qualche mese fa».
Il polverone che si è scatenato ieri ha, tuttavia, contribuito a ridare fuoco all'aspro dibattito fra favorevoli e contrari all'arrivo della linea ad alta velocità. Perplessità che coinvolgono non solo partiti come Sel o Rifondazione, ma anche gruppi moderati. «Se si procederà con il raddoppio del traforo autostradale del Frejus, la Torino-Lione risulta un'opera del tutto inutile, una voragine finanziaria», ha affermato ieri il capogruppo in commissione ambiente del Pd, Roberto Della Seta. «Le notizie relative ad un eventuale abbandono della Francia del progetto di realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione – ha ribattuto il compagno di partito e parlamentare, Stefano Esposito - qualora confermate, costituirebbero un fatto gravissimo per il nostro Paese e un danno economico senza precedenti».