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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2012 alle ore 06:42.

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TARANTO
Si coglie la grandezza della fabbrica già arrivando in auto da Bari. Poco prima di Taranto, infatti, l'Ilva appare con la sua concentrazione di impianti, ciminiere, nastri trasportatori, parchi minerali. L'impatto visivo sarebbe già sufficiente a dare un'idea di questa fabbrica nata agli inizi degli anni 60 nell'ambito del processo di industrializzazione del Mezzogiorno, raddoppiata negli anni 70, appartenuta allo Stato (che la controllava attraverso l'Iri) sino al 1995, eppoi privatizzata e ceduta al gruppo siderurgico di Emilio Riva. Ma sono i numeri che descrivono le dimensioni «monstre» dell'acciaieria, un impianto che è il più grande d'Europa.
L'Ilva di Taranto infatti si estende per 15 milioni di metri quadrati, più del doppio della stessa Taranto, ha 12mila dipendenti diretti, ed è in grado di trasformare oltre 20 milioni di tonnellate di materie prime. Sviluppa al suo interno 190 chilometri di nastri trasportatori, 50 chilometri di strade e 200 chilometri di ferrovia. Ha 8 parchi minerali, 2 cave, 10 batterie per produrre il coke che serve ad alimentare gli altiforni, 5 altiforni, 5 colate continue, 2 treni di laminazione a caldo per nastri, un treno di laminazione a caldo per lamiere, un laminatoio a freddo, 3 linee di zincatura e 3 tubifici.
A grandi numeri corrisponde anche un grande impatto in termini economici. Il siderurgico esprime infatti il 20 per cento delle esportazioni pugliesi ed è un segmento chiave dell'industria italiana. Coils, tubi e lamiere di Taranto alimentano le produzioni di una serie di attività. Inoltre, secondo le cifre del «Rapporto di sostenibilità» edito dall'azienda nel 2010 e riferito al siderurgico di Taranto, l'Ilva ha distribuito nel 2009 un valore di 888,60 milioni di euro in Puglia e di 728,74 milioni di euro in provincia di Taranto (ammortamenti esclusi). In Puglia risiede il 99,4 per cento del personale dell'Ilva e l'87,2 per cento risiede in provincia di Taranto. «Il valore distribuito ai dipendenti, sotto forma di costo del personale dipendente sostenuto dal gruppo Riva per salari, stipendi, indennità di Tfr e oneri sociali, è ammontato, nel 2009, a 587,32 milioni di euro, per il 69,7 per cento (408,60 milioni) in capo allo stabilimento di Taranto» si legge nel «Rapporto di sostenibilità». E ancora: nel 2009 il valore aggiunto lordo del gruppo Ilva è andato per l'87,76 per cento ai dipendenti, per il 23,05 per cento ai finanziatori sotto forma di oneri finanziari e per l'1,66 per cento alla collettività. I fornitori aziendali presenti in Puglia sono 599 e con loro, sempre secondo i dati del 2009, l'Ilva ha contrattato acquisti per 284 milioni di euro.
Dal 1995 al 2009 l'Ilva ha investito a Taranto 4,2 miliardi di euro, di cui uno solo per l'ambiente e la sicurezza, che ha così rappresentato il 24,1 per cento degli investimenti totali. Secondo gli ultimi dati, inoltre, la parte più consistente della manodopera Ilva si concenta in tre aree anagrafiche: 24,5 per cento 26-30 anni, 37,1 per cento 31-35 anni e 16,9 per cento 36-40 anni.
Dal 1995 a maggio 2010 presidente dell'Ilva è stato Emilio Riva, fondatore insieme al fratello Adriano dell'omonimo gruppo siderurgico. Da maggio 2010 sino a martedì scorso la guida è passata a Nicola Riva, figlio di Emilio, al quale è poi subentrato Bruno Ferrante, ex prefetto di Milano dal 2000 al 2005.
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