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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2012 alle ore 13:23.

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"L'industria automobilistica europea è in una crisi che non ha precedenti" e la politica di sconti aggressivi messa in atto da Volkswagen "è un bagno di sangue sui prezzi e sui margini". Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat e Chrysler, rilancia in un'intervista all'International Herald Tribune il grido di allarme sulla crisi del settore. Il manager torna a fare appello alla Commissione europea: "Dovrebbero coordinare una razionalizzazione del settore in tutte le compagnie" e sostiene che «quelli che davvero non si sono mossi in questo senso sono i francesi e i tedeschi, che non hanno ridotto minimamente la capacità».

I tedeschi continuano a fare utili
Difficilmente i suoi appelli troveranno ascolto. Mai come in questo periodo di crisi, infatti, l'Europa dell'auto è spaccata in due: da un lato i costruttori di alta gamma – Bmw e Mercedes – e il gruppo Volkswagen; dall'altro la Fiat, i francesi e le due filiali dei colossi americani, Ford Europe e Opel. I primi continuano a macinare utili, come confermano i risultati del primo semestre di Volkswagen: utile operativo a 6,5 miliardi (+6%) e risultato netto a 8,8 (+36%), con contributi di 2,9 miliardi dal solo marchio Audi e di 1,8 miliardi in sei mesi dalle joint venture cinesi. Il quotidiano «Handelsblatt», in un duro articolo dal titolo "Costruttori europei in rotta di collisione", accusava nei giorni scorsi le case francesi e italiane di «lanciarsi contro i costruttori tedeschi invece di correggere i propri errori». Sembrava quasi avesse già letto l'intervista di Marchionne.

L'accusa di quest'ultimo ai tedeschi di «non aver ridotto minimamente la capacità» è però fuori luogo. Vw, Bmw e Mercedes non hanno bisogno di ridurre la capacità, perché le loro fabbriche girano a pieno regime o quasi; Opel, l'azienda tedesca in profonda crisi, è stata insieme a Fiat l'unica nel dopo-crisi a chiudere un impianto (sia pure in Belgio), e potrebbe fermare anche lo stabilimento di Bochum – sia pure non prima del 2016.

La guerra dei prezzi
Il manager Fiat ha preso di mira i ribassi di prezzo da parte della Volkswagen. Certo, il fatto che la casa tedesca offra in Italia la Up! appena lanciata a 8.900 euro indica un netto cambio di politica rispetto al passato. Vw non è la sola a puntare sugli sconti: in Europa è in atto una vera e propria guerra dei prezzi degli sconti. Sul mercato tedesco i cosiddetti "chilometri zero", ovvero immatricolazioni da parte dei concessionari di auto che vengono poi rivendute come usate, sono a livelli record, e non è escluso che Vw voglia dare un altro colpo a un concorrente interno come Opel.

Marchionne non è l'unico ad avere denunciato la battaglia dei prezzi – lo ha fatto per esempio la Ford nel report trimestrale pubblicato mercoledì: «I prezzi netti di vendita (in Europa, ndr) sono scesi poiché l'industria reagisce all'eccesso di capacità con un aumento degli incentivi». Non si potrebbe spiegare meglio: l'effetto combinato del crollo delle vendite e di una già elevata capacità produttiva in eccesso induce i costruttori (tutti i costruttori) a tagliare i prezzi per svuotare i piazzali. Senza dimenticare la crescente pressione dei coreani, grazie anche all'accordo di libero scambio firmato nel 2011, e la rinovata aggressività dei un big come Toyota. La soluzione? A differenza del 2009, quando la maggior parte dei Governi europei introdusse incentivi per sostenere il mercato, ora le casse sono vuote. Se la domanda non si riprenderà, la guerra dei prezzi è destinata a proseguire.

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